Un testo definitivo ancora non c’è, eppure le Province rischiano già di “allagarsi” rispetto alle previsioni iniziali. Svuotati di funzioni e peso politico - dopo l’approvazione della riforma Delrio del 2014 - gli enti intermedi torneranno presto al loro antico splendore per volontà della maggioranza di centrodestra e con il consenso delle altre forze politiche attualmente presenti in Parlamento. In queste settimane, al Senato, in commissione Affari costituzionali, sta procedendo il lavoro di riordino e sintesi tra i vari disegni di legge presentati. Tanto che è stato costituito un comitato ristretto ad hoc - ieri il Movimento 5 Stelle ha lasciato l’organismo - incaricato di seguire la stesura del testo unificato. «Anziché concentrarsi sulle risorse necessarie per dare sostanza alle prerogative delle Province su scuole, strade e trasporti - ragiona la capogruppo M5S in commissione Affari costituzionali al Senato, Alessandra Maiorino -, si pensa a rimettere in piedi il più classico dei poltronifici». In effetti il perimetro della riforma potrebbe presto cambiare dimensioni. A dicembre scorso, infatti, il ministro per gli Affari regionaliLE IPOTESI Roberto Calderoli ipotizzava «16 consiglieri per le Province fino a 450mila residenti e 20 al di sopra», con «una Giunta snella» di «3-5 assessori». Ora, a distanza di qualche settimana, si ragiona su numeri più importanti. Come confermato da diversi rappresentanti di più partiti, si ragiona su altre ipotesi: 20 consiglieri eletti per le Province più piccole, 24 per quelle con un maggior numero di residenti. E la soglia di abitanti per far scattare i 4 (o 8) eletti in più non sarebbe più fissata a 450mila abitanti, ma a 350mila. Le Giunte, invece, potrebbero anche arrivare a 8 componenti. Per assessori e presidente, gli stipendi sarebbero ancorati a quelli del sindaco del Comune capoluogo, peraltro adeguati al rialzo con l’approvazione della manovra finanziaria del 2021. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria