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Autonomia differenziata in Calabria, Amalia Bruni: “Siamo in ritardo”

Amalia Bruni

“Ho presentato una mozione perché si potesse parlare di Autonomia Differenziata in consiglio e assumere come regione una posizione univoca a garanzia della Calabria: è stata incomprensibilmente impedita la discussione perché a questa maggioranza non sta a cuore il futuro dei calabresi”, scrive in una nota Amalia Bruni, leader dell’opposizione in Consiglio regionale. Eppure già altre regioni lo hanno fatto e nonostante noi avessimo chiesto da tempo una discussione questa non è mai avvenuta. Oggi il disegno di legge Calderoli viaggia alla velocità della luce e il governo ha accelerato trasmettendo in Conferenza Stato/Regioni il disegno di legge quadro sulle intese tra Stato e singole giunte regionali che chiedono più poteri in 23 materie concesse dalla Costituzione, tra cui la sanità. Io l’ho detto fin dal primo momento, questo avvio del processo di “devolution” allarma soprattutto nel campo della Sanità ma certamente sposta l’accento dal tema, sanitario, dei livelli essenziali di assistenza-LEA ai livelli essenziali delle prestazioni-LEP, che comprendono tutte le materie di governo interessate dall’autonomia (lavoro, trasporti eccetera) e i diritti civili e sociali da garantirsi in tutto il Paese. Entro un anno la Cabina di Regia presso la presidenza del Consiglio deve individuare i LEP, inclusivi dei LEA, e le evidenze prodotte andranno approvate dalle Camere con un’altra legge. Il governo non fa altro che rassicurare sul fatto che questo provvedimento non vuole dividere il Paese, “ma far sì che tutte le regioni aumentino la velocità”. Sarebbe bello se fosse davvero così ma voci autorevoli da più parti dicono il contrario. Recentemente a Palermo il Presidente Omceo Salvatore Amato ha ospitato i lavori di presentazione del Network italiano sulle diseguaglianze sociali. Se non si parte dalle disparità dei LEP come per esempio la dispersione scolastica le diseguaglianze successive non saranno mai colmate. Al Sud abbiamo tassi di abbandono del 20% già alle elementari. In un contesto culturale povero è velleitario pretendere un “buon uso” dei servizi sanitari da parte di una popolazione che ha priorità più essenziali, o l’adesione a stili di vita sani. E del resto i deficit sull’istruzione o sulla prevenzione si accompagnano a problemi in ambiti quali sviluppo del bambino, condizioni di lavoro, reddito minimo per non parlare del rischio di fare demenza lungo termine. Andrebbe dunque già da ora corretta la spesa mentre invece non mi sembra che il governo sia interessato. Ha persino tagliato le dirigenze scolastiche e questo andrà a penalizzare le aree interne e marginali. Se non si conduce un’analisi seria l’Italia sarà spezzata completamente ma non in due, di fatto non esisterà più. Ecco, con la mia mozione volevo invitare tutto il Consiglio a ragionare e a confrontarsi su questi temi che sono vitali per tutto il Paese ma ancor di più per la nostra Regione ma non lo hanno reso possibile. E questo lo ritengo gravissimo”.

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