Una condanna per abuso d’ufficio a sei mesi rimediata anche in secondo grado, eppure continua a sedere in Consiglio regionale. È il singolare caso che coinvolge Giovanni Muraca, esponente del Pd reggino, subentrato lo scorso 12 dicembre a Palazzo Campanella al posto del dimissionario Nicola Irto, nel frattempo eletto in Senato. Il decreto legislativo 235/2012 (meglio conosciuto come legge Severino), però, indica espressamente altro: ovvero la sospensione dalla carica di presidente, assessore e consigliere regionale per coloro che abbiano riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 7 comma 1 tra i quali è compreso il reato di cui all’articolo 323 del codice di procedura penale.
Per comprendere meglio i contorni della vicenda, è necessario un piccolo passo indietro. Lo scorso 8 novembre la Corte d’appello di Reggio Calabria ha sostanzialmente confermato - pur con una rideterminazione delle pene - le condanne per il processo “Miramare” che vedeva coinvolta tutta la Giunta comunale (dunque, compreso Muraca) guidata da Giuseppe Falcomatà. Il procedimento è nato a seguito un'inchiesta della Procura sulle irregolarità nelle procedure di affidamento ad un'associazione, che sarebbero avvenute senza bando, dell’Hotel Miramare.
Spettatore (interessato) a quanto sta avvenendo è Antonio Billari. L’ingegnere originario di Palmi, con una lunga trafila nel movimento giovanile del Pd, alle ultime elezioni regionali si è piazzato al terzo posto - per numero di preferenze conseguite - della lista dem, dopo Irto e Muraca. Con la sospensione di Muraca almeno fino a novembre 2023, sarebbe suo lo scranno che si libererebbe a Palazzo Campanella. Per Billari non è la prima volta di un arrivo a legislatura corso: è successo pure a settembre 2020, quando surrogò il dimissionario Pippo Callipo, candidato a governatore col centrosinistra.
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