Rispetto alla volta scorsa (2018), ci saranno 11 postazioni in meno tra Camera e Senato: dai 30 eletti del 2018 si scenderà ai 19 di lunedì prossimo. Basterebbe già solo questo dato per far comprendere quanto serrata sia la competizione in Calabria per conquistare uno dei seggi in palio in Parlamento. Quello in programma domani sarà un voto decisivo sotto diversi aspetti. Oggi l’Italia è per dimensione la terza potenza dell’Unione europea dopo Germania e Francia. Nelle ultime settimane diverse avvisaglie sono arrivate da forze che lavorano e sperano che l’Italia diventi il tallone d’Achille dell’Europa unita. Non meno preoccupazioni desta il quadro economico peggiorato sotto il peso dell’aggressione russa all’Ucraina, che ha messo in luce i limiti del nostro Paese in materia di approvvigionamento energetico. È un problema che va oltre le coalizioni in campo, ma probabilmente non ancora chiaro a partiti troppo concentrati a produrre slogan invece di proposte concrete. Il dibattito asfittico delle ultime settimane riflette la profonda crisi del sistema politico fondato su formazioni liquide e guidate da leader la cui priorità è l’accrescimento del consenso personale. In tale quadro, nessuna sorpresa se Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos, spiega che il 51 per cento degli italiani (il 18 poco, il 33 per nulla) non ha seguito alcun dibattito elettorale e che soltanto il 22 per cento degli elettori è stato attratto e coinvolto dal circuito propagandistico.
Leader e paracadutati
Il taglio degli eletti, varato da un Parlamento in balìa delle peggiori spinte populiste, avrebbe avuto un senso se accompagnato da una legge elettorale di stampo proporzionale e con le preferenze proprio per arginare la deriva cui stiamo assistendo. Invece si continuerà a votare con il Rosatellum e con una riorganizzazione dei collegi - 5 per Montecitorio e 2 appena per Palazzo Madama - che mette assieme territori diversi per storia e tessuto socio-economico. In ogni caso, la sostanza è ritrovarsi di fronte a una Camera e un Senato modellati a immagine e somiglianza dei leader di partito. La Calabria non sfuggirà alla tendenza in atto: con molta probabilità qui conquisteranno un seggio Matteo Salvini e Maria Elena Boschi, due tra i principali protagonisti della tribolata legislatura ormai alle spalle. A spese di chi? Naturalmente dei rappresentanti locali. Il risultato è una progressiva riduzione degli spazi della Calabria nel contesto nazionale. Che cosa succederà è troppo difficile da pronosticare, certo risulta difficile pensare possa andare peggio degli ultimi anni quando questa regione è stata rappresentata al governo soltanto da un sottosegretario: Anna Laura Orrico con il Conte II e Dalila Nesci con l’esecutivo Draghi.
Effetti (probabili) sulla Regione
L’esito della competizione inciderà, e non poco, sugli assetti della Regione. Tra i candidati in odore di promozione a Roma figurano esponenti di primo piano della maggioranza che governa alla Cittadella. Il probabile trasloco dei vari Orsomarso e Minasi aprirà la strada a una rivisitazione della Giunta regionale: stesso discorso in Consiglio con il passaggio nella Capitale di esponenti di maggioranza e opposizione. Sulle Politiche scommette molto pure Roberto Occhiuto. Il governatore punta a consolidare la propria leadership all’interno dell’ala moderata del centrodestra: con un risultato in doppia cifra per Forza Italia, la strada verso l’obiettivo sarebbe spianata.
A cosa giocano i partiti
La volatilità elettorale sarà un fattore decisivo anche stavolta. L’equilibrio politico emerso dalle elezioni di quasi cinque anni fa si è sbriciolato fin da pochissime settimane dopo quel voto. FdI dal 4 per cento è destinato a diventare il primo partito e qui in Calabria dovrebbe conquistare percentuali record. I 5 Stelle, dopo il record e la caduta libera, potrebbero risalire proprio sul gong finale e grazie a una campagna elettorale tutta incentrata sulla difesa del Reddito di cittadinanza qui percepito da migliaia di persone. Già detto di FI, le incognite principali riguardano la Lega e Terzo polo. Quanto al Pd, si capirà già dai primi exit poll di domani notte se la scelta di Enrico Letta di non inseguire a tutti i costi il campo largo sia stata giusta o meno. Il tempo delle analisi, comunque, non sarà lungo. Le grandi emergenze bussano prepotentemente alla porta.
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