Ci sono i sindaci, che incarnando la figura istituzionale più vicina al cittadino sono, nell’immaginario collettivo, «i responsabili di tutto». E poi ci sono i sindaci del Sud, che denunciano di essere «lasciati ancora più soli» e sono imbufaliti per quella che viene prospettata come un’ulteriore beffa sulla ripartizione dei fondi del Recovery Plan. Erano in 600, ieri, alla manifestazione nazionale promossa dall’Anci. Una loro delegazione, a margine del corteo con le fasce tricolore, ha incontrato il presidente del Consiglio Mario Draghi a cui ha consegnato un documento che contiene sei richieste specifiche. Al centro c’è una rivendicazione rispetto al ruolo degli amministratori locali, spesso travolti da procedimenti giudiziari in sede penale, civile, amministrativa ed erariale che «si concludono – si legge nel documento – nella stragrande maggioranza con archiviazioni». Ci sono poi le richieste specifiche di interventi legislativi: sul regime sanzionatorio applicato in caso di procedimenti penali (da uniformare a quello previsto per altri organi elettivi e di governo); sulla possibilità per i sindaci sopra i 20mila abitanti di candidarsi in Parlamento, così come avviene per i presidenti di Regione, esercitando «successivamente il legittimo diritto di opzione»; sulla possibilità per i sindaci sino a 5mila abitanti di fare più mandati e sino a 15mila abitanti di farne tre. Si chiede infine un intervento sui poteri di ordinanza sindacale che delimiti la responsabilità, ai soli casi specificamente previsti dalla legge, di esercizio o mancato esercizio del relativo potere, nonché una precisa definizione che qualifichi l’attività di indirizzo politico e l’attività di gestione amministrativa.
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