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Nuovi ospedali e macchinari, in Calabria due miliardi per la sanità rimasti nel cassetto

L'ospedale da campo in costruzione a Cosenza

La sanità dei paradossi. Reparti ospedalieri stracolmi di pazienti, pronto soccorso presi d’assalto, decine di medici e infermieri contagiati, un ospedale militare da campo messo in piedi per fronteggiare l’emergenza e aree inutilizzate dei presidi di Locri e Tropea adattate per ricavare nuovi posti letto: la Calabria investita dalla pandemia tenta di reagire tra le mille contraddizioni in cui galleggia la sanità pubblica.

Nel disastroso contesto emergenziale di queste ore sembra quasi incredibile immaginare che la Regione abbia fondi in questo comparto quasi due miliardi di euro non spesi. Una montagna di denaro rimasta imprigionata in atti, delibere, accordi e documenti d’intenti vergati negli ultimi quattro anni. Se non fosse vero verrebbe da ridere... avrebbe commentato con sorniona ironia Ennio Flaiano.

Da dove cominciamo? Dalla ferita che brucia più di tutte: i nosocomi ed i posti letto. Il 30 aprile del 2016 è stato sottoscritto un Accordo di programma tra il presidente del Consiglio dei Ministri e il presidente della Regione Calabria per la costruzione dei nuovi ospedali di Catanzaro (170 milioni più 40 per la Cittadella della Salute); Cosenza (375 milioni più altri 45 per la Cittadella della Salute); Reggio Calabria con il completamento del Morelli (180 milioni) e l’adeguamento e il potenziamento dei nosocomi di Crotone (25 milioni) e Lamezia Terme (20 milioni).

Tra il 2018 e il 2019 sono stati attivati i vari studi di fattibilità e, il 2 aprile del 2019, la Giunta regionale ha inviato al ministero della Salute il documento programmatico definitivo. Il 20 settembre dello stesso anno con Decreto del commissario calabrese alla sanità è stato previsto un impegno complessivo di risorse per 788 milioni di euro. Il 19 dicembre dello scorso anno è stato pure trasmesso dall’Ufficio del commissario (Decreto numero 183) al dicastero della Sanità il programma di ammodernamento tecnologico con un impiego di fondi pari a 86 milioni e 466.000 euro.

I fondi erano destinati all’acquisto di 14 risonanze magnetiche, 19 mammografi, 12 angiografi, 3 Pet Tac, 2 acceleratori lineari e 2 gamma camera Tac. Ma non è finita: perché il 24 dicembre del 2018, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm) erano già stati assegnati alla Calabria 300 milioni per investimenti Inail in materia di edilizia sanitaria e sociale. Non solo: dal 2017 sono disponibili 49 milioni e 315 mila euro per la realizzazione di sei Case della salute a: San Marco Argentano (8 milioni), Cariati (9 milioni) Mesoraca (5 milioni e mezzo), Chiaravalle (8 milioni), Scilla (8 milioni e 200mila), Siderno (9 milioni 700mila).

Altri 25 milioni sarebbero infine destinati al “Mater Domini” di Catanzaro per il cosiddetto adeguamento impiantistico. A questo quadro riferibile a scelte fatte prima dell’emergenza Covid si aggiungono – pensate – le risorse investite per i Piani destinati a combattere la pandemia. Altro denaro e altri interventi. Eppoi, dulcis in fundo, ci sono i soldi disponibili da 13 anni per costruire tre grandi presidi ospedalieri: quello della Sibaritide (376 posti letto) con spesa di 143 milioni e 900mila euro; Palmi (352 posti letto) con spesa di 150 milioni e 150mila euro; Vibo ( (339 posti letto) con una spesa di 143 milioni e 965mila euro.

Perchè ancora non s’è fatto nulla? Di chi è la colpa oltre che del destino cinico e baro? Cosa non ha funzionato? Difficile dirlo. Certo, pastoie burocratiche, beghe politiche e difficoltà amministrative non hanno favorito l’avvio dei percorsi di ammodernamento disegnati in questi anni. Carlo Guccione, il consigliere regionale del Pd che più si è battuto nelle due ultime legislature su questi temi, commenta con amarezza: «V’è un accumulo di risorse finanziarie in materia di investimenti edilizi e tecnologia sanitaria senza precedenti. Confermo: si tratta quasi di due miliardi ed è la prima voce per disponibilità dell’intero bilancio regionale». Capite bene che dover oggi allestire ospedali militari oppure riadattare vecchi reparti per accogliere i pazienti affetti da coronavirus appare davvero inspiegabile.

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