«Se a Roma pensano che questa sia una terra solo di 'ndrangheta, che qui ci siano solo persone di malaffare, allora ci tolgano il diritto di voto». Va all’attacco dell’esecutivo Nino Spirlì, Il presidente ad interim della Calabria dopo la scomparsa di Jole Santelli poche settimane fa, alle prese con le tribolazioni della sanità nelle sua Regione e con la nomina del nuovo Commissario e le dimissioni di ben tre figure in poche ore. Però Spirlì un’idea ce l’ha e la avanza all’esecutivo: «Faccio una proposta al governo: rinunci al commissariamento e diamo vita a una gestione condivisa della sanità calabrese. Sei mesi, un anno in cui il nostro assessore alla Sanità venga affiancato da un esponente del governo. Alla fine si restituisca la sanità ai calabresi. Ci sono le energie e una classe dirigente nuova. Non capisco perché possiamo amministrare tutto tranne la sanità». Spirlì ha anche il nome del candidato ad hoc, quello del professor Pellegrino Mancini: «Se commissariamento deve essere...», aggiunge. Mancini «ha dimostrato enorme professionalità e attaccamento alla nostra terra dal quale non si è mai allontanato. Lo conosco personalmente e sarebbe una grande scelta. Non è un fatto campanilistico ma sta diventando un peso il pregiudizio nei confronti dei calabresi come fossero tutti brutti, sporchi, cattivi e disonesti». E sul pregiudizio Spirlì rincara la dose e analizza: «Come giornalista ho denunciato da sempre le infiltrazioni 'ndranghetiste, ho parlato di massomafiopolitica. A parte questa nota personale, devo ricordare che in quasi 12 anni di commissariamento le cose sono peggiorate. Se dobbiamo pensare sempre e solo al passato allora non dovemmo andare più a votare, ma qui c'è invece una nuova generazione politica, in tutti i partiti. Non abbiamo legami con la vecchia classe dirigente, non ci sono più pericoli di infiltrazione criminale. Il risultato del commissariamento è che non abbiamo un piano Covid».