E ora chissà, se sotto sotto, ci stanno sperando davvero. Magari immaginando che qualcosa nei farraginosi meccanismi del Palazzo ci inceppi nuovamente. Così come avvenuto qualche giorno fa.
Riavvolgiamo il nastro. È giovedì 25 giugno quando la Commissione dei contenziosi del Senato vota a maggioranza per l’annullamento della delibera che aveva deciso il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari. Apriti cielo: tutti i partiti si dicono contrari al provvedimento. Si vedrà nei prossimi giorni se arriverà un altro dietrofront.
Il Consiglio di garanzia del Senato - una sorta di organo di giustizia di secondo grado di Palazzo Madama - potrebbe annullare tutto e “congelare” i ricorsi di centinaia di ex parlamentari contrari ai tagli fortemente voluti dal Movimento 5 Stelle.
Cosa dice la delibera
Il documento approvato dalla Commissione contenziosi «accoglie parzialmente i ricorsi esaminati e per l’effetto annulla le disposizioni della deliberazione del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica numero 6 del 16 ottobre 2018 nella parte in cui prevedono una totale rimozione dei provvedimenti di liquidazione a suo tempo legittimamente adottati e impongono una nuova liquidazione che introduce criteri totalmente diversi». Annullata la delibera dei tagli (sempre quella approvata nel 2018) anche nella parte in cui si «prevedono il ricalcolo dell’ammontare degli importi mediante la moltiplicazione del montante contributivo individuale per il coefficiente relativo all’età anagrafica del senatore alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata, anziché alla data dell’entrata in vigore» del taglio dei vitalizi. Una rivoluzione, insomma. Che non ha sorpreso più di tanto Maurizio Paniz, avvocato che assiste tantissimi ex senatori e deputati contrari ai tagli delle proprie pensioni: «In primo luogo non deve essere retroattivo, mentre questo taglio lo era; in secondo luogo non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo non deve riguardare una sola categoria ma deve essere 'erga omnes', mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l’86% degli importi».
I calabresi interessati
A quanto sta succedendo in questi giorni a Palazzo Madama guarda con un certo interesse un nutrito plotone di ex senatori di origini calabresi, ricompresi nell’elenco - pubblicato sul sito istituzionale del Senato - di percettori di trattamenti previdenziali diretti. Si tratta di persone capaci di sopravvivere a cambi di maggioranze e di Governi, che in qualche modo hanno legato il loro nome - almeno in diversi casi - alle fasi più salienti della Prima e della Seconda Repubblica.
Ci sono vecchi democristiani come Antonino Senese, Giuseppe Fimognari, Franco Covello, Francesco Smurra, quest’ultimo quattro legislature (tra gli anni ‘70 e ‘80) con la Dc e sottosegretario all’Istruzione negli esecutivi Rumor e Moro. E ancora, esponenti storici della destra calabrese del calibro di Renato Meduri (4 legislature con il Msi, poi confluito in An), Giuseppe Valentino (3 mandati al Senato e uno alla Camera, conditi da un’esperienza da sottosegretario alla Giustizia con Berlusconi premier), Francesco Bevilacqua (4 legislature e un episodio finito al centro di polemiche: risultava tra i cofirmatari di un disegno di riforma costituzionale per abolire la XII norma della Costituzione italiana, che vieta «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito fascista»), e il medico reggino Antonino Monteleone.
A sinistra, invece, scarseggiano gli esempi di longevità tra gli ex senatori eletti in Calabria e ancora in vita. Massimo Veltri arrivò a Palazzo Madama nel 1995, nonostante la sconfitta dei Progressisti dell’epoca e lì resto anche per la legislatura successiva. Stesso percorso, qualche anno più tardi, lo ha compiuto Nuccio Iovene, storico dirigente dei Democratici di sinistra, calabrese a tutti gli effetti pur risultando nato a Roma. Nell’alveo del centrosinistra vanno ricollocate pure le esperienze tra gli scranni dei Palazzi della politica di Doris Lo Moro e Donato Veraldi.
Tra gli azzurri, ovvero tra coloro che sono sbarcati in Parlamento sotto le insegne di Forza Italia, Battista Caligiuri (due mandati a Motecitorio e uno a Palazzo Madama), tra i fondatori del partito del Cavaliere in Calabria, l’ex governatore e sottosegretario alla Salute Pino Nisticò, Francesca Scopelliti, giornalista di professione nata a Nicotera, nel Vibonese, ma eletta al Nord e l’ex sottosegretario Tonino Gentile.
Infine, ma non per ordine di importanza, ci sono quei rappresentanti di movimenti politici nati sulle ceneri dei partiti tradizionali. È il caso di Nicodemo Filippelli (ex Udeur, ora Italia del Meridione), Gino Trematerra (ex Ccd, poi Udc), Luigi Li Gotti (Italia dei Valori), Linda Lanzillotta (ministra col Governo Prodi ed eletta anni dopo con Scelta Civica).
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