Boss della 'ndrangheta col reddito di cittadinanza a Reggio Calabria e provincia. La notizia di 101 persone, fra cui figurano anche nomi eccellenti, denunciate dalla guardia di finanza ha scatenato anche le reazioni politiche.
A partire da quella del leader della Lega, Matteo Salvini: «'Ndranghetisti pagati dallo Stato attraverso il reddito di cittadinanza. Dopo la scarcerazione dei boss, le rivolte nelle carceri e gli scioperi degli avvocati, emerge un’altra notizia inquietante grazie alle indagini della Guardia di Finanza di Reggio Calabria. Tra i beneficiati ci sono anche i figli del 'Pablo Escobar italianò. Complimenti alle forze dell’ordine e ai magistrati: tolleranza zero contro i criminali. Vogliamo un’Italia e una Calabria pulite. Governo, sveglia».
Ovviamente sul piede di guerra tutti i partiti di opposizioni: "101 boss della #Ndrangheta percepivano il reddito di cittadinanza - scrive in un tweet Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia -. Questa la politica "sociale" di Giuseppe Conte e dei grillini. Vergogna!".
Dello stesso tenore gli attacchi di altri due nomi di spicco del partito di Berlusconi. «A 101 Boss della Ndrangheta reddito di cittadinanza - dice Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati -, a imprese e lavoratori onesti zero aiuti. E’ la doppia morale a 5 Stelle. E adesso arriva anche il reddito di emergenza». «Soldi degli italiani, frutto del loro lavoro, che vanno alla criminalità organizzata. Cosa altro deve succedere per capire che è un sussidio nocivo e va eliminato?», scrive Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e deputata di Forza Italia, su Twitter.
«Il reddito di cittadinanza è finito nelle tasche di ogni sorta di malfattori compresi dei boss della 'Ndrangheta. E’ solo l’ultimo di una serie di errori per cui è tutta la politica dei 5 Stelle a dover essere messa sotto accusa e non solo la pessima gestione della giustizia» affermano in una nota i deputati di Cambiamo!, Stefano Benigni, Manuela Gagliardi, Claudio Pedrazzini, Alessandro Sorte e Giorgio Silli. «Se a questo aggiungiamo una politica estera tutta spostata a favore della Cina, una gestione della scuola durante la pandemia che ha scontentato tutti, i ritardi nel trovare soluzioni alle crisi industriali del Paese con i tanti veti posti allo sviluppo, visto il loro crollo di consensi, è chiaro che a dover andare a casa non è solo Bonafede ma tutta la classe dirigente grillina», concludono.
Caricamento commenti
Commenta la notizia