La Corte costituzionale ha dichiarato "inammissibile" il ricorso presentato dalla Regione Calabria sulla legittimità costituzionale del "decreto Calabria", varato dal primo governo Conte lo scorso aprile. La Consulta ha inoltre ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli da 1 a 6, 8, 9, 14 e 15 del decreto legge n. 35 del 2019, come convertito, promosse dalla Regione Calabria, in riferimento agli articoli 5, 117, 119, 120 e 121 della Costituzione, con i medesimi ricorsi. L'Avvocatura regionale, nel ricorso presentato, sosteneva che “gli articoli 1,2,3,4,5,6,8,9,14 e 15” del decreto governativo, “dando come presupposta l’esistenza di un Piano di rientro, violano gli articoli 5, 117, 120 e 121 della Costituzione, in quanto il Piano di rientro della Regione Calabria, prorogato da ultimo con Dca 119/16, e scaduto il 31 dicembre 18” e violano anche alcune norme contenute in leggi nazionali “e il principio di leale collaborazione”. Nel mirino della Regione c'era anche l’articolo 6 del decreto del governo, relativo agli acquisti di beni e servizi, demandati a organi non regionali, e relativo all’edilizia sanitaria: secondo il ricorrente, questa norma “sostanzialmente abroga l’articolo 1 comma 1 della legge regionale 26/07 (che istituisce la Stazione unica appaltante regionale), emanata dalla Regione in esercizio della propria competenza legislativa concorrente, e il principio di leale collaborazione nella parte in cui, senza previa intesa in sede di Conferenza Stato Regioni, provvede in materia di gestione delle risorse ex articolo 20 legge 67/88, e destina risorse senza idonea copertura”. A parere della Regione, inoltre, alcuni articoli del decreto governativo sulla sanita’ calabrese violavano anche l’articolo 81 della Costituzione sul principio dell’equilibrio tra entrate e spese “garantendo un copertura incerta al decreto, e violano sempre principio di leale collaborazione”. Di conseguenza – evidenziava la Giunta regionale nel ricorso alla Corte costituzionale – il decreto legge del governo “presenta profili di lesivita in pregiudizio della sfera di attribuzioni della Regione Calabria, intervenendo in maniera significativa su materie di preminente interesse della Regione Calabria”. Tutte questioni respinte oggi dai giudici della Corte costituzionale.