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Il bancomat dei fondi di Coesione. La Calabria teme eventuali “prelievi”

La politica di riarmo europea guarda anche alle risorse Fsc destinate alle regioni svantaggiate L’allarme Svimez: il settore difesa non segue la logica della situazione socioeconomica dei territori

Una politica di coesione che rischia di non puntare più alla sua missione originaria, ossia quella di far convergere le regioni meno sviluppate d’Europa verso le più avanzate. È quella che potrebbe manifestarsi nelle prossime settimane, al termine dei confronti tra Stati dell’Ue nell’ambito del programma Readiness (“prontezza”) 2030, volto a rafforzare le politiche europee di difesa attraverso massicci investimenti nel riarmo. Un contesto nel quale la Calabria sembrerebbe essere vaso di coccio, se le decisioni prese dai leader europei dovessero diventare estreme e andare a pescare le risorse necessarie anche nel bacino della Coesione.

Perché questi fondi (Fsc) rappresentano per la Calabria una cospicua dotazione finanziaria con la quale portare avanti un’ampia serie di progetti e interventi: dalla manutenzione delle reti idriche agli acquedotti, dai lavori su edifici pubblici ai sostegni alla competitività delle imprese fino agli interventi nell’edilizia sanitaria, passando per ambiente, energia, turismo, cultura, rifiuti e trasporti. Insomma, un’ampia serie di linee d’azione che per il periodo 2021-2027 vede la Calabria destinataria di una somma pari a circa 2,8 miliardi di euro.
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