«Molte imprese edili sono con l’acqua alla gola e allora, piuttosto che morire, preferiscono rimanere ferite ma vive». È con questa metafora che un consulente aziendale calabrese, che preferisce rimanere anonimo, spiega chiaramente quale sia la motivazione che spinge le imprese del comparto edile ad accettare cessioni del proprio credito d’imposta a società finanziarie che si offrono di acquistarlo per una quota ridotta del suo valore nominale. Alla base c’è la crisi di liquidità delle imprese di costruzioni che hanno aderito alle operazioni legate al Superbonus 110%. In molti casi, infatti, quei crediti con lo Stato sono rimasti bloccati, fermi lì nel cassetto fiscale dell’azienda, generando difficoltà di cassa che si sono tradotte in limitazioni concrete all’operatività aziendale per Durc non in regola a causa del mancato pagamento di stipendi e contributi. Ma, così, le aziende non possono più lavorare, non possono partecipare a bandi pubblici e quindi non possono incassare, aumentando la propria crisi di liquidità. Ecco allora che arriva “in soccorso” una realtà, di solito una Spv (una società costituita per veicolare attività finanziarie cedute da terzi) tra le tante che negli ultimi mesi sono spuntate come funghi sull’intero territorio nazionale, alcune addirittura intestate a chi non aveva mai operato nel settore, con una proposta che in molti casi è un capestro: acquistare i crediti bloccati dando un po’ di ossigeno alle casse asfittiche delle imprese.