La Calabria è una terra che rischia di appassire dentro stime future che seguono il filo di un andamento costante che spinge verso una crisi demografica ormai irreversibile. Poche culle, invecchiamento dei residenti, emigrazione giovanile e servizi pubblici sempre meno competitivi. Un orizzonte di ombre che si chiude davanti a scenari inquieti che peggiorano progressivamente. E con meno giovani in grado di produrre e più anziani da assistere il granaio dell’Inps è destinato a svuotarsi presto. Più velocemente al Sud che al Nord.
Pasquale Tridico – europarlamentare del M5S – ha guidato per cinque anni l’Istituto di previdenza dello Stato. E per cinque anni ha ispirato riforme e strategie di welfare per il Sud. Un Sud che porta nel cuore e quando può ci torna volentieri. «Sono in Sila per qualche altro giorno. Poi riparto per Bruxelles con tutta la famiglia». Tridico commenta quei dati che spingono la sua terra in un cono d’ombra: «Più lavoratori che pensioni? Il rapporto al Sud è di un pensionato per ogni lavoratore, un dato che vale in Puglia, in Sicilia e in Calabria. Nel resto d’Italia è 1,4. Che non è nemmeno così buono. La verità è che al Sud abbiamo creduto che bastava lasciare le donne a casa e far fare loro figli per stare a posto. Oggi sappiamo che questo non era vero, anzi è stato un grave errore. Il tasso di fecondità delle donne è più alto laddove c’è un tasso di occupazione femminile più elevato. Ma per avere più figli servono i servizi oltre al lavoro con politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia. Oggi ci ritroviamo senza asili, senza reddito e senza occupazione. E così i nostri giovani vanno al Nord. Questo andrebbe spiegato a chi spinge sul fuoco dell’Autonomia differenziata. Una parte del residuo fiscale che si forma al Nord è frutto del sacrificio di lavoratori del Sud che lavorano al Nord. Nel 2023, nel mio ultimo anno alla guida dell’Inps, dal Governo mi chiesero quali materie previdenziali potessero essere devolute all’Autonomia differenziata. La mia risposta fu netta e convinta: nessuna. E ciò perché si deve creare la solidarietà nazionale a partire dal lavoro proprio perché conosciamo i flussi migratori all’interno dell’Italia. Altrimenti come consideriamo i miei fratelli, e io ne ho ben sette, che lavorano a Bologna, Torino e a Parma? Li inseriamo tra i partecipi al residuo fiscale positivo del Nord o li aggreghiamo al Sud in difficoltà? Quando si parla di lavoro all’interno dell’Italia lo si deve considerare come un fattore nazionale e non di ogni singola regione».
Per ora, però, prevale quel senso di abbandono generale. Qui tutto diventa difficile, a volte impossibile. Questa è la terra dei ritardi, una terra che i politici hanno riempito esclusivamente di promesse. In realtà, da Napoli in giù, comincia un’altra Italia, un’Italia che si muove lentamente tra diritti negati e disoccupazione di massa. C’è quello alle cure che costringe la gente a partire (le spese per la mobilità passiva sono tornate a superare i 300 milioni di euro nel 2023). E poi ci sono gli altri servizi essenziali, la scuola, i trasporti, le strade. Negatività che nutrono la fuga in massa verso luoghi che assicurano condizioni di vita migliori, con servizi efficienti e la possibilità di garantirsi un posto di lavoro in tempi ridotti. Secondo Tridico «lo spopolamento che sta investendo il Sud non è più nemmeno solo un problema di lavoro. Per carità, il problema occupazionale c’è e la Svimez ha di recente detto che, negli ultimi vent’anni, il Sud ha perso 1,4 milioni di giovani per motivi di lavoro. E questo ha reso più netto quello sbilanciamento in Calabria tra numero di pensioni e di lavoratori. Un saldo negativo che è frutto della forte migrazione di giovani che dal Sud sono andati al Nord o all’estero per lavorare. Se non ci fosse stato questo enorme flusso in uscita, noi avremmo avuto anche una sostenibilità maggiore. Per questo quando il Governo parla di autonomia differenziata e del residuo fiscale che si crea al Nord con le tasse pagate, dovremmo ricordare loro che nei flussi di nuovi lavoratori ci sono anche 1,4 milioni di giovani del Sud che si sono trasferiti al Nord dove vivono, nel complesso, 12 milioni di meridionali. Se riuscissimo a riequilibrare questi numeri, i conti pensionistici nel Meridione sarebbero nettamente migliori».
L’Inps è inclinato su un fianco. Servono politiche per riequilibrare la linea di galleggiamento. Anche in Calabria. E Pasquale Tridico ha le idee chiare: «Se si migliorassero sanità, scuola e viabilità, al netto del lavoro, forse le giovani famiglie resterebbero al Sud». Poi c’è la politica salariale. E l’invito è ad andare oltre l’attuale economia da cortile: «Non possiamo continuare ad essere la Disneyland d’Italia e d’Europa. Non possiamo continuare a vivere con bar e ristoranti. Non possiamo pensare di vivere soltanto quattro mesi all’anno col turismo che abbiamo. Perché questo non consente a una regione importante come la nostra di vivere. Bassi salari, con lavori precari, determinano bassi contributi previdenziali e non garantiscono la pensione per il futuro. Dobbiamo essere attenti a come si formano gli investimenti nei settori produttivi. Continuare a investire soltanto in bar e ristoranti significa il declino sicuro. Indispensabili sono gli alti salari che si creano quando si fanno investimenti. Puntare su investimenti pubblici e privati consente di aumentare la domanda di lavoro e di garantire carriere stabili e alti salari. Dobbiamo invertire questa tendenza. Tra l’altro, nella maggior parte dei servizi a scarso contenuto tecnologico abbiamo anche una forte evasione fiscale e contributiva. Dei numeri in chiaro, questi dati non compaiono. In Italia ci sono 3,4 milioni di lavoratori in nero. Se avessimo la possibilità di considerare la frazione sommersa avremmo la possibilità di alzare il rapporto a 1,6 che renderebbero sostenibile la previdenza. Dunque, per invertire la tendenza bisogna puntare su investimenti e lotta all’evasione fiscale e contributiva».
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