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La sentenza della Svimez: “L’Autonomia differenziata frena la Calabria”

Luca Bianchi, direttore dell’associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, considera la legge una minaccia per la ripresa registrata nel 2020-23

L’autonomia differenziata rischia di trasformarsi in una pietra tombale sulle speranze di ripresa della Calabria e dell’intero Sud. Il sangue caldo aveva ripreso a scorrere sotto la pelle screpolata di questa terra. Un sangue che si portava dentro quel mondo nuovo riempito di fiducia dai fondi pubblici che, nel 2023, hanno spinto il meridione a crescere (+1,3%) più velocemente del resto del Paese (+0,9%). Un risveglio che si è apprezzato anche in Calabria con un +1,2% di variazione del prodotto interno lordo reale. Una ricchezza sgorgata principalmente dalle Costruzioni (+7,4%) e dal Terziario (+1,7%). Diagrammi di vitalità che la Svimez, l’associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, ha definito all’interno del suo articolato report dal quale risalgono difficoltà maggiori nel Centro-Nord. Ma il cielo di questa terra si è colorato di ombre livide da quando, nell’alta e splendente fiducia ritrovata dalla Calabria e dal Mezzogiorno, si è insinuato il male oscuro dell’autonomia differenziata. Una legge che ha già esasperato quel senso di solitudine che adesso crea sconforto tra la gente che teme di ritrovarsi schiacciata sotto il peso delle disuguaglianze territoriali.
Luca Bianchi è il direttore generale della Svimez e da economista traccia la curva del declino ispirata dalla devoluzione che rischia di spegnere quei deboli mormorii di ripresa che si stavano percependo nel Mezzogiorno e nella Calabria in particolare, dopo gli anni della crisi. L’autonomia differenziata spalancherà enormi squarci di solitudine in questa terra, con sciami d’umanità che, ancora più di oggi, saranno costretti alla fuga, in cerca di certezze e di servizi essenziali che qui non potranno essere più garantiti. «La legge, che è stata appena votata a Montecitorio, è un progetto che si traduce in una rinuncia definitiva del paese all’obiettivo di ridurre i divari tra cittadini. Per una regione come la Calabria diventa una prospettiva di progressivi disinvestimenti da parte dello Stato. Dunque, l’effetto prodotto è doppiamente negativo perché col tramonto dell’obiettivo di una politica priva di differenze territoriali auspicata dalla Costituzione (stesso livello di servizi garantiti su tutte le aree del paese) si va ad intervenire in un momento di congiuntura favorevole. Un percorso di ripresa realizzato attraverso le dinamiche espansive post-covid sostenute da risorse pubbliche, dal Pnrr ai fondi di coesione. Uno scenario che dimostra come anche le imprese della Calabria possono crescere al pari di quelle delle regioni del Nord a patto che ci siano investimenti statali o comunitari. Ma l’autonomia, in fondo, è l’opposto del Pnrr, è l’antitesi di una politica inclusiva che prova a ridurre i divari. In sostanza, questo federalismo rappresenta la cristallizzazione delle differenze con la crescita delle disuguaglianze».

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