“La riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 nel caso dell’artigianato, anziché semplificare i processi e il contesto burocratico, ha creato la coesistenza di diversi livelli istituzionali di riferimento e l’applicazione di differenti istituti normativi per la stessa tipologia professionale da regione a regione. Bisogna intervenire persanare differenze e vuoti che rendono difficoltoso l’esercizio della professione oltre che avvantaggiare alcune regioni a discapito di altri”. Lo afferma il presidente di CNA Calabria Giovanni Cugliari commentando l’indagine del Quinto Osservatorio Burocrazia della Cnache entra nel dedalo dei rapporti tra Stato e Regioni evidenziando diverse incongruenze e criticità che rendono spesso più farraginoso e meno semplice e attrattivo il lavoro degli imprenditori artigiani. “Come CNA riteniamo che sia necessario livellare le discrepanze e prevedere corsi professionali pubblici che si sommino a quelli su igiene e sicurezza, togliendo spazio ai privati. Riteniamo – aggiunge il presidente - che si debba lavorare per allineare e raccordare le specificità territoriali; semplificare e razionalizzare il quadro normativo e regolamentare; aggiornare e riordinare le leggi di settore, a partire dal coordinamento dei percorsi formativi; assicurare l’interoperabilità delle banche dati pubbliche; dare risposte ai nuovi mestieri attraverso standard omogenei, valorizzare le best practice locali in un contesto nazionale”. “Le imprese artigiane hanno bisogno di uno snellimento che consenta loro di essere sempre più performanti e competitive sul mercato. Non è possibile che le aziende calabresi vengano penalizzate rispetto ad altre. Il nostro timore è che con l’autonomia differenziata le discrepanze possano amplificarsi. Come Cna ribadiamo ancora una volta il nostro no ad una scelta scellerata che andrebbe a mortificare il Sud”. L'Osservatorio spiega come per poter consumare un prodotto gastronomico all’interno di un’attività artigiana le norme impongano sedute scomode e vietino l’uso di piatti di ceramica e posate in metallo. E se l’artigiano ha l’ardire di offrire una bibita per accompagnare un trancio di pizza, o un caffè espresso dopo un cornetto di propria produzione, deve addentrarsi in un infernale labirinto burocratico e normativo. Nel caso dell’installazione di impianti la normativa prevede, oltre alla qualifica, un corso di aggiornamento obbligatorio che non tutte le Regioni hanno ancora attivato, la Calabria non è tra queste. I corsi hanno diverse specificità con particolare riferimento al numero di ore che in alcune regioni sono il doppio di altre. La Cna sottolinea, inoltre, che l’aggiornamento è previsto ogni tre anni e propone che possa essere evitato nel caso in cui non ci siano variazioni tecnologiche e, quindi, il programma oggetto di studio sia invariato. Osserviamo poi che non risultano sanzioni o sospensioni per chi non ottemperi all’obbligo, con conseguente aumento del proliferare di operatori abusivi. Nel caso dell’estetica e acconciatura le principali differenze riguardano il titolo d’istruzione richiesto per accedere ai corsi e la durata di questi. La Calabria richiede un diploma di scuola secondaria di secondo grado e corsi di 1000 ore l’anno per la durata di quattro anni. Mancano per Cna Calabria leggi in materia che definiscano standard omogenei a livello nazionale e risorse adeguate all’attivazione dei corsi. Altro caso a sé è quello delle attività dit atuaggio e piercing. Non esiste una normativa nazionale, ma solo delle linee guida del ministero della Salute. La formazione rimane uno dei principali elementi di criticità, basti pensare che il corso standard di sicurezza e igiene è di 90 ore, è il caso della Calabria, ma può arrivare fino a 1000 ore così come ci sono regioni che non prevedono attività formativa. Anche per i titoli di studio e i titoli abilitativi le richieste sono differenti. La Calabria richiede per l’avvio delle attività la Scia al Suap (Sportello unico per le attività produttive) ma c’è anche chi richiede altri adempimenti. Infine, la tolettatura di animali non ha una disciplina ad hoc di carattere nazionale, ma rientra nel “commercio di animali da compagnia”. La quasi totalità delle Regioni non ha una disciplina regionale, come la Calabria, ma esistono in tutta Italia diverse delibere regionali e numerosi regolamenti comunali. Manca sostanzialmente una disciplina di riferimento sia per formazione che per l’avvio dell’attività. Si sente la mancanza di un quadro normativo nazionale e di standard formativi.