Attrarre i lavoratori digitali per favorire il ripopolamento dei borghi antichi e delle aree interne. Il governo da un lato, la Regione dall’altro, provano a fare fronte comune per creare le condizioni affinché luoghi disagiati diventino attrattivi per chi desidera vivere in una dimensione a misura d’uomo. Proprio nelle scorse ore il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha annunciato l’intenzione di presentare in Consiglio dei ministri una legge, chiamata “lavora nel mondo e vivi in Italia”, «che metterà a sistema tante iniziative che sostanzialmente presenterà al mondo un’offerta territoriale per dire a chiunque possa farlo di vivere in Italia continuando a lavorare nel proprio posto di lavoro e intercettando i nomadi digitali». D’altronde, la pandemia ha dimostrato la validità e l’efficacia dello smart working per diversi settori produttivi.
Va segnalato, comunque, come quello annunciato dal ministro Urso non sia il primo tentativo prodotto in tal senso. Già nel 2022, pur senza ottenere grande successo, si è sperimentato qualcosa di simile, prevedendo attraverso un testo legislativo alcune agevolazioni fiscali - aliquota Irpef al 7 per cento - per i pensionati stranieri che avessero scelto di trasferirsi in un piccolo paese del Mezzogiorno o agevolazioni nell’ottenimento del permesso di soggiorno per i lavoratori dei paesi extra Ue favorevoli a vivere al Sud. La nuova iniziativa, invece, non prevede vincoli territoriali e fa leva su alcuni progetti varati recentemente.
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