L’ultimo treno. Rischia di perderlo la Calabria, persa tra due binari con una Zes “senza testa” e una valanga di fondi europei in arrivo. La posta in gioco è di quelle davvero importanti: dietro due sigle, la Zona economica speciale e il Pnrr, c’è in gioco il futuro. E non soltanto a Gioia Tauro, “cuore” della Zes ma propulsore per tutti dal Pollino allo Stretto.
La notizia di ieri, rilanciata dal Sole 24 Ore e confermata dal vice ministro Teresa Bellanova, è che è pronto il riparto per singola opera delle dote di 630 milioni di euro che il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza destina alle otto Zes del Sud Italia. La Calabria, in questo contesto, fa la parte del leone con 111,7 milioni complessivi, seconda solo alla Campania e prima per esempio delle Zes Ionica e Adriatica, ma anche delle due aree siciliane. Il decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili di concerto con il Ministero per il Sud, secondo il quotidiano economico, «arriverà il 2 dicembre sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni» ed è «uno degli obiettivi del Pnrr che il Governo Draghi deve raggiungere entro il 31 dicembre 2022».
Nei 33 interventi complessivi ce ne sono cinque che riguardano l’accessibilità al porto di Gioia Tauro per oltre 100 milioni di euro, di cui 57 per gli impianti ferroviari di Sibari, San Pietro a Maida, Nocera Terinese e Rosarno. E poi ci sono le opere nei porti di Reggio Calabria e Villa San Giovanni, aree anch’esse ricomprese nella Zes calabrese.
Se non c’è alcun dubbio che l’ultimo treno stia passando adesso, è chiaro come la sfida della Zes sia destinata ad essere più che mai decisiva. Ma la Calabria – ed è il più evidente paradosso – rischia di perdere già in partenza. Perché da mesi ormai, come denunciato a più livelli, la Zona economica speciale calabrese si trova senza commissario. Senza vertice, inspiegabilmente ferma mentre il tempo non corre, piuttosto galoppa.
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