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Stretta finale sui licenziamenti. In Calabria rischiano in settemila

Il sindacato preme per una ulteriore proroga fino al 31 ottobre

È partito il conto alla rovescia. Mancano solo tre giorni al 30 di giugno, data in cui è prevista la fine del blocco dei licenziamenti. La preoccupazione delle parti sociali è che la Calabria possa diventare una “polveriera sociale” pronta ad esplodere, e per questo motivo, proprio in questi giorni, stanno facendo quanta più pressione possibile sul Governo centrale, per provare ad ottenere una nuova proroga sui licenziamenti. Fonti del Partito democratico, vicine al ministro Orlando, aprono alla possibilità che ciò possa accadere, ma l’allarme sociale resta comunque alto, in attesa di una risposta positiva. A rischio, secondo alcune previsioni, sarebbero oltre 7000 lavoratori, appartenenti a tutti i settori produttivi: dalla metalmeccanica al manifatturiero, passando per l’edilizia ed il commercio. E così, se da una parte, ci sono aziende pronte a chiedere ulteriore proroga sulla possibilità di utilizzare contratti a tempo determinato, sfruttando il fattore crisi a proprio favore, dall’altra, invece, ci sono aziende già pronte a spedire le lettere per avviare le procedure di licenziamento. Il sindacato è sul “piede di guerra”. «La scellerata scelta del Governo di prevedere al 30 giugno lo sblocco dei licenziamenti, cedendo ai desiderata di Confindustria ed ai settori più oltranzisti del padronato industriale – è l’opinione di Massimo Covello, segretario regionale della Fiom Cgil Calabria –, sottovaluta la condizione sociale che la pandemia tuttora presenta sull’occupazione. Se non ci sarà un ravvedimento, davvero nessuno sarà in grado di prevedere quali nefaste conseguenze potranno presentarsi per migliaia di lavoratori e lavoratrici».

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