Nuovi poveri che si aggiungono a una platea già folta di "vecchi" poveri, una nuova crisi che si intreccia a una crisi strutturale. L'emergenza post pandemia rischia di fare della Calabria una "bomba" sociale difficile da disinnescare e da gestire. "È presto per dire che ci sarà l'esplodere di tensioni sociali, ci auguriamo ovviamente di no, ma se non ripartirà la piccola economia che succederà?", confida all'Agi don Antonino Pangallo, delegato regionale della Caritas, una rete di dodici strutture - tante quante sono le diocesi in Calabria - che sono una "sentinella" molto attenta dei disagi che già si vivono nella quotidianità. "La nostra percezione - spiega don Pangallo - è che la Calabria sia stata risparmiata dall'emergenza sanitaria, ma probabilmente non sarà risparmiata da un'emergenza economica e sociale, anche perché questa si inserisce in un contesto problematico già cronico. Nella regione il dato per cui a livello nazionale la gente è preoccupata più sul piano economico che su quello sanitario è assolutamente reale". Secondo una stima di Coldiretti, pubblicata a fine marzo, in Calabria sono quasi 283mila le persone che hanno bisogno di un aiuto alimentare. Oggi - rileva don Pangallo - "non è facile avere numeri precisi, certo e' che abbiamo registrato un raddoppio nelle richieste di beni primari, richieste provenienti anche da categorie che finora non vedevamo ai nostri sportelli: penso ad esempio ai filippini, caduti nella crisi non potendo lavorare nelle case. Per tanti è arrivato poi il bonus governativo ma molti non sapevano come fare la richiesta: con i nostri volontari, abbiamo fatto opera di 'advocacy' per tanti di loro di loro, perché i servizi sociali dei Comuni in Calabria sono a macchia di leopardo". Il futuro, per don Pangallo, è pieno di incognite e preoccupazioni. "Ci stiamo già ponendo il problema della fase 2, nel quale il bisogno alimentare non sarà l'unico. A rischio - osserva il delegato regionale della Caritas - c'è il diritto alla salute, e poi la povertà educativa, il lavoro che non ci sarà, e qui poi è già scarso, precario e spesso nero. E poi c'è il grande rischio dell'usura, di trovarsi nelle mani degli strozzini. Se non ci sarà una ripartenza economia, anche minima, nei prossimi mesi avremo tanta gente al tracollo". E allora cosa succederà? "Come Chiesa - rimarca don Pangallo facciamo il massimo, ma non possiamo risolvere tutta la problematica sociale. Sul tappeto restano questioni grosse, a livello istituzionale e politiche, rispetto alla lotta alla povertà. Se non si rimette in moto un circuito, se chiuderanno imprese sociali che offrono servizi di prossimità, che faremo? Dobbiamo fare attenzione a non fare la solita lamentazione meridionale ma - conclude il delegato della Caritas regionale - non dobbiamo nemmeno tacere".