Il Centro studi di stima che in Calabria si perderanno 19mila posti di lavoro. L'intervista al presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. Presidente Sangalli, quali sono le previsioni economiche per il Paese? «Lo scenario della nostra economia è drammatico, con il rischio concreto di perdere nel 2020 - ed è una stima ottimistica - oltre 50 miliardi di consumi. Nel giro di due mesi intere filiere per effetto del coronavirus hanno azzerato i loro fatturati. Basti pensare, in particolare, a quella del turismo, che perderà tra marzo e maggio circa 90 milioni di presenze, ai tour operator, alle agenzie di viaggio, alla ristorazione e ai pubblici esercizi. Ma anche al comparto dell’automotive, all’abbigliamento e al settore culturale e ricreativo». Per la Calabria le prospettive sono migliori o peggiori? «Il 2019 è stato un anno difficile per l’economia della Calabria, riflesso della condizione generale del Paese. Un dato per tutti: nel 2019 le imprese calabresi del terziario di mercato, tra nuove e cessate, hanno registrato un saldo negativo pari a circa 2.000 unità, di cui quasi 1.600 nel commercio. Ma quest’anno per gli effetti del coronavirus la situazione rischia di precipitare. L’Ufficio Studi di Confcommercio stima per la Calabria, nel 2020, un calo del Pil e dell’occupazione pari al 2,9%, con una perdita di quasi 900 milioni di valore aggiunto e di 19 mila posti di lavoro. E una riduzione dei consumi del 5,3%, pari a circa 1,5 miliardi in meno di spesa delle famiglie». Cosa ne pensa dell’allarme lanciato dal procuratore Gratteri sul rischio per gli imprenditori in difficoltà di cadere nelle mani della ‘ndrangheta? «Il procuratore Gratteri è un punto di riferimento nella lotta alla criminalità organizzata. Il suo allarme conferma la necessità e l’urgenza di mettere in campo strumenti immediati a sostegno delle imprese. Il coronavirus è un’emergenza sanitaria, economica e sociale che si innesta su un tessuto imprenditoriale già indebolito da anni di crisi. Bisogna, dunque, realizzare una rete di protezione eccezionale delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti per impedire che cadano sotto il controllo delle organizzazioni criminali». Cosa si può fare per sostenere da subito queste imprese? «Adesso sono necessarie due cose: garantire innanzitutto liquidità alle imprese agevolandone l’accesso al credito e semplificare tutti gli iter burocratici. In questa direzione vanno sia l’accordo con Intesa Sanpaolo che riserva due miliardi di euro alle imprese associate a Confcommercio che l’intesa sottoscritta con l’Abi e le altre parti sociali sulla cassa integrazione per riconoscere a milioni di lavoratori una rapida anticipazione dell'importo del trattamento d’integrazione salariale». E per sostenere quelle che hanno chiuso? «In questo contesto ricordo le tante imprese della distribuzione alimentare, del trasporto e della logistica che continuano a fornire servizi essenziali in condizioni spesso difficili. E vanno ricordate e soprattutto sostenute le centinaia di migliaia di aziende che hanno dovuto chiudere nel rispetto del blocco deciso dalle autorità sanitarie. Una scelta di responsabilità che sta provocando perdite ingentissime con il rischio di non aver più le energie per ripartire. Ecco perché è vitale che in testa ad ogni altro provvedimento ci sia la liquidità per le imprese paralizzate dall'emergenza sanitaria». Più in generale quali misure chiedete per far ripartire le imprese e il Paese? «Sin dal varo del decreto “Cura Italia” abbiamo sollecitato il Governo e l’Europa a fare di più, molto di più e subito. Abbiamo chiesto di attuare meccanismi straordinari di indennizzo e di rendere subito operative le misure. Serve, inoltre, una moratoria delle scadenze molto più ampia ed inclusiva di quella prevista. Occorre tenere conto anche dei tributi locali e dei tanti che non rientrano nelle attuali previsioni di sospensione. Va rivista al rialzo la soglia massima dei 2 milioni di euro di ricavi per l’accesso al regime di sospensione delle scadenze fiscali. Così come riteniamo inadeguato lo stanziamento previsto per l’indennità ai lavoratori autonomi e professionisti. Serve, insomma, che tutte le imprese del terziario di mercato siano messe nella condizione di ripartire garantendo così i livelli occupazionali».