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A Vibo il reddito di cittadinanza c'è ma manca il lavoro e la "fase due" stenta a partire

I Puc, ovvero i lavori di pubblica utilità che i beneficiari di reddito di cittadinanza dovranno effettuare presso i Comuni di residenza, per un minimo di otto ore settimanali ad un massimo di 16, diventano ora più concreti con la pubblicazione dei decreti attuativi avvenuta l'8 gennaio. Ma dalla concretezza al reale avvio dei progetti, c'è più di un semplice mare.

Tra gli obblighi dei percettori del reddito di cittadinanza - nel Vibonese sono state 4mila 462 le domande accolte - ci sono quelli di dover sottoscrivere il patto per il lavoro oltre che la disponibilità allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità. E proprio qui arriva il primo ostacolo pratico. Al Centro per l'impiego, dove si trovano in attività ben dieci navigator, si è ancora alla cosiddetta fase uno: il “censimento” e la redazione dei profili dei percettori.

A causa delle lungaggini burocratiche, e delle carenze strutturali del centro, il sistema si è inceppato. Allungando ancor di più i tempi di partenza della fase due, quella del passaggio dal famoso divano all'impiego lavorativo, ovvero dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro, che trasformerebbe il reddito di cittadinanza da semplice sussidio assistenziale a misura per l'occupazione. I Puc, dunque si inseriscono in questo contesto. Ma c'è di più: «i Comuni interessati avranno la possibilità di avviare la progettazione e definire le attività che i beneficiari del reddito andranno a svolgere».

Attività, che lo stesso decreto ben definisce, e che «possono essere svolti in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni», ponendo però dei limiti sulle responsabilità che gli stessi percettori possono ricoprire. Ma non solo, c'è anche da tener conto di quanti ne sono esonerati, così come prevede il decreto 4/2019: chi, ad esempio, ha compiuto i 65 anni di età, chi studia, chi ha una disabilità o problemi di salute. Si abbassa allora il numero di coloro che andranno a svolgere queste attività di interesse collettivo, e si attende che i Comuni interessati presentino i progetti per il loro avvio.

E questo è il secondo nodo significativo. Anche qui, i tempi incerti sulla progettazione dei diversi Comuni della provincia, ed il coordinamento tra loro ed il Centro per l'impiego, sono le variabili incerte per le quali è difficile fare delle serie previsioni sull'avvio di questa misura. Sempre per come previsto nei decreto 4/2019, i Comuni hanno «la titolarità dei progetti utili alla collettività, ferma restante la possibilità di svolgerli in gestione associata, raccordandosi a livello di Ambito territoriale per una ordinata gestione di tutte le attività», e «sono responsabili della approvazione, attuazione, coordinamento e monitoraggio dei progetti posti in essere».

A far maggiore chiarezza, è intervenuto l'assessore comunale alle Politiche sociali del capoluogo, Franca Falduto: «Il personale del Centro dell'impiego, sta svolgendo i colloqui al fine di classificare i percettori in categorie professionali a cui attingeranno i Comuni. Inoltre, non appena tutti i Comuni dell'Ambito territoriale avranno inviato la convenzione al Comune capofila, andrà a pieno regime anche il funzionamento della piattaforma Gepi che rappresenta l'innovazione digitale più importante a supporto di tutto il sistema di gestione di quella complessa macchina legata al reddito di cittadinanza». Appunto: una complessa macchina che fino ad oggi, però, non sembra aver prodotto grandi risultati sul piano dell'inserimento lavorativo.

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