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“Un ponte sull’abisso”: la Calabria, le cosche e le nuove generazioni nel romanzo d’esordio del giornalista Paolo Toscano

“Un ponte sull’abisso” è il primo romanzo scritto da Paolo Toscano, giornalista, già caposervizio di Gazzetta del Sud, esperto di cose criminali e per lungo tempo impegnato nel racconto di una Calabria “ostaggio” delle cosche. Il volume è edito dalla casa editrice Albatros che ha da sempre dato spazio e fiducia agli scrittori emergenti; nel caso di Toscano la fiducia è stata ben riposta.

Ma come nasce in un cronista di razza, impegnato per anni nella “prima linea” di Reggio il desiderio di scrivere un romanzo? «È ricomparsa una passione giovanile - spiega l'autore - perché da ragazzo avevo scritto qualcosa che in qualche modo somigliava a un romanzo poi, tuffatomi nel mondo del giornalismo, ho accantonato la passione. Quando ho smesso di lavorare mi è tornata la voglia e ho ricominciato a battere sulla tastiera. Ho attinto a piene mani all’esperienza fatta come cronista approfondendo e sviluppando storie di cui mi ero occupato».

Il romanzo racconta il passaggio di testimone nella ’ndrangheta di padre in figlio, confermando come nella mafia calabrese la famiglia sia una struttura clanica. Il capobastone protagonista del racconto esercita una forma di potere assoluto nel suo territorio, amministrando privatamente giustizia, imponendo il pizzo e la guardiania, fino a quando lo scenario non cambia con l'arrivo della droga. Il capobastone, a questo punto, fa una scelta di campo e da iniziale fiero oppositore del narcotraffico capisce che schierarsi contro equivale a rimanere tagliato fuori dai grandi guadagni. Perciò, mette da parte le ritrosie e diventa un acceso sostenitore del nuovo modello criminale. Il padrino fa soldi a palate e sembra avviato a vivere con la sua famiglia nell'agio più assoluto: tutto scivola serenamente fino a quando viene tradito dall’interno e, ironia della sorte, da una delle donne di casa. È la nipote, Maria, infatti, che non accettando di vivere come la madre e la nonna una condizione eterna di subalternità e costrizione decide di pentirsi. L'oltraggio per il boss è insopportabile perché la scelta della congiunta gli fa perdere l'onore mafioso. Don Ciccio Serrano morirà in carcere senza neppure trovare il coraggio di togliersi la vita.

Ma qual è il messaggio di “Un ponte sull'abisso”? «È un messaggio di speranza- sottolinea l'autore - perché la vicenda narrata fa comprendere come pure negli ambienti più ottusi e difficili come quelli impregnati di subcultura mafiosa può nascere una persona capace di affrancarsi, prendere le distanze e denunciare».

Il romanzo mostra inoltre come anche personaggi considerati, a torto, da alcune fette di piccole e grandi comunità, alla stregua di invincibili “divinità” siano delle persone vulnerabili e sconfiggibili. Toscano pone in rilievo tutti i difetti, le paure, le fragilità del capobastone che non trova il coraggio di togliersi la vita e chiude, sconfitto e senza più potere, i suoi giorni terreni dietro le sbarre. Il racconto è dunque un manuale contro il fenomeno dell'emulazione che alcuni padrini generano tra i più giovani. È un atto letterario di condanna del fascino diabolico che vecchi e nuovi capibastone esercitano, molto spesso, sulle comunità di cui sono i “padroni”.

Non manca nel romanzo il riferimento alle guerre feroci, agli scontri tra cosche. Don Ciccio Serrano, ripercorrendo le orme del nonno, fondatore del più importante casato di ’ndrangheta di Montebruno (luogo immaginario) non esita a confliggere con una cosca rivale che sembra mettere a rischio l'antico dominio mafioso sul paese. Gli agguati si susseguono generando una lotta sanguinosa che non può però concludersi con vinti e vincitori: le famiglie distribuiscono morte e subiscono lutti secondo il tragico valzer di cadaveri che ha sporcato per decenni la storia vera della Calabria.

“Un ponte sull'abisso”, che ricorda a tratti il primo romanzo della letteratura regionale sulla ’ndrangheta - “La famiglia Montalbano” di Saverio Montalto – è la plastica rappresentazione d'una realtà ancora incombente che, tuttavia, rispetto al secolo scorso ha subito duri colpi da punto di vista repressivo e significative sferzate sotto l'aspetto culturale per via dell'opera di sensibilizzazione sviluppata con determinazione nelle scuole e tra la popolazione.
Per gli uomini come “Don Ciccio Serrano” la vita è oggi molto più difficile che in passato. Per fortuna.

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