Ha ancora senso, oggi, parlare di appartenenza a un luogo? Ha senso individuare dei confini, cimentarsi in distinzioni e tracciare delle differenze? S’interroga il prof. Giuliano Ricca, nel suo saggio “Sentieri di cittadinanza. Sovranità, biopolitica e cura di sé” sul tema della cittadinanza e Sovranità. “Quali sono i confini dei concetti di Cittadinanza e sovranità?” Domanda a cui non è affatto facile dare una risposta immediata, senza effettuare una disamina accurata e documentata delle argomentazioni. Tra le tante difficoltà nell’affrontare una tematica così complessa, l’autore evidenzia, e questo sembra essere lo scopo del testo, il rapporto antinomico tra “democrazia” e “sovranità”. “La questione della sovranità ha per oggetto - scrive l’autore - la corrispondenza assoluta, fra lo spazio della nuda vita e quello politico, nel senso che non vi è lo spazio della nuda vita, ma solo lo spazio politico e inversamente non vi è territorialità politica senza ciò che vive” “La cittadinanza, a partire dalla Rivoluzione francese è stata legata all’idea di nazione e, come tale, all’esercizio della sovranità, sul senso dell’appartenenza alla comunità e sul ruolo della filosofia come strumento per formare il cittadino per la sua emancipazione, da cui parte la sua analisi incentrata su tre quesiti: Chi è il sovrano, qual è la sua legittimazione e come esercita il suo potere sul cittadino? La cittadinanza può essere inquadrata all’interno dello schema biopolitico e come? La formazione può essere messa in rapporto con la cittadinanza? Le risposte fornite dall’autore relative ai due primi quesiti saranno esplicitate nel terzo. Le recenti teorizzazioni di Giorgio Agamben, coniano la nuova espressione “stato di eccezione permanente”, che è caratterizzato da decisioni prese in nome dell’emergenza, misure eccezionali che ignorano le procedure previste dagli ordinamenti giuridici . Una rilettura dell’attualità come momento critico della legittimazione del potere decisionale e del ruolo dei cittadini nelle Costituzioni e nella vita reale. Abilmente indagata, la relazione tra cittadinanza e biopolitica, in merito alla capacità che ha la cittadinanza di “marcare” l’inclusione o l’esclusione di un cittadino nel luogo in cui vive. Un extracomunitario che subisce le decisioni di un sovrano che non lo rappresenta, ha notevoli difficoltà di vita nel luogo che lo addita come estraneo, se non, addirittura come nemico. “Se la sovranità coincide con lo stato d’eccezione, può la cittadinanza essere in grado di garantire efficacia a tale potere?” In un momento storico in cui la vita dei cittadini, teoricamente detentori del potere sovrano, in balìa delle élites che governano, dello strapotere della finanza, che ruolo ha la cittadinanza? Non sembra, piuttosto snaturata dalla ragione che l’ha posta in essere, privata, ormai, del suo potere decisionale, nello “stato di eccezione perenne” addirittura, non più garante dei diritti a tutti gli uomini, diventa ossimoro terminologico, elemento decisivo per separare i popoli. Esiste una via d’uscita? Necessario per l’autore, a conclusione del Saggio, ribaltare il ruolo dell’educazione, mediante un processo di formazione/autoformazione attraverso la cura di sé come modello formativo. Un ripensamento complessivo dell’educazione intesa come formazione dell’individuo che ha come finalità l’emancipazione e la valorizzazione della sua vita “privata”, autoformazione capace di condurre dal singolo all’emancipazione della comunità in cui esso vive e agisce. Il tutto in vista di un superamento della visione del suo sapere e della sua etica, a favore di una formazione rivolta al sé, non più metafisicamente intesa. “ Il soggetto è tale solo se si progetta e costruisce nel tempo- afferma l’autore- giorno per giorno, senza precostituirsi a partire da un principio nomologico: il suolo, la cittadinanza, l’unità culturale, la sottomissione al suo elemento originario (il biologico). Si supera, così, la “paideia tradizionale” che ha presentato dei limiti, proprio perché ancorata alla tradizione metafisica. La cura del sé: è questa la via d’uscita, per il prof. Ricca. Egli lo ha ben intuito ed ha trattato in modo dettagliato e preciso la possibile soluzione alla problematica che, tuttavia, lascia spazio ad ulteriori sviluppi.