
Alterazioni delle aste giudiziarie, fittizie intestazioni a prestanome, riciclaggio dei proventi illeciti e un controllo asfissiante sul mercato immobiliare locale. È questo il quadro che emerge dalle ultime indagini della Direzione distrettuale antimafia, suffragato da intercettazioni e informative dei carabinieri del Ros, che ricostruiscono la strategia del clan Piromalli per consolidare e ampliare il proprio patrimonio, in particolare nel settore degli immobili e dei terreni edificabili.
Secondo gli inquirenti, la cosca pilotava le aste giudiziarie per acquisire beni di interesse o per rientrare in possesso di quelli confiscati. Chiunque volesse partecipare alle vendite era costretto a rivolgersi ai Piromalli, versando somme di denaro per ottenere il “via libera”. Le somme incassate venivano poi reimpiegate in attività imprenditoriali, soprattutto legate all’agricoltura, attraverso un collaudato sistema di riciclaggio e autoriciclaggio. Un episodio emblematico riguarda l’asta del Tribunale di Patti (Messina) del novembre 2021. In quell’occasione, secondo quanto emerso dalle conversazioni intercettate, un imprenditore avrebbe consegnato 20mila euro a Girolamo Piromalli, detto “Mommino”, per garantirsi l’esclusività sulla partecipazione a un lotto all’asta. Il pagamento avvenne prima della scarcerazione di Pino Piromalli, a conferma della continuità del potere della cosca anche in assenza del boss. Tornato in libertà, però, è lui a imporre la linea. Gli investigatori lo intercettano mentre mette in chiaro che le decisioni sulle speculazioni immobiliari spettano solo a lui.
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