
«Le streghe hanno smesso di esistere, quando abbiamo smesso di bruciarle». Con questa frase l'avvocato Guido Contestabile ha chiuso la sua arringa in difesa di Giancarlo Pittelli, imputato nel processo “Malapigna” e accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un'accusa del tutto «inconsistente», secondo i legali, quella portata in aula dalla Procura antimafia di Reggio Calabria nei confronti dell'ex parlamentare di Forza Italia; una caccia alle streghe, appunto, che Contestabile e il collega Francesco Gambardella hanno tentato di confutare nei rispettivi interventi davanti ai giudici del tribunale di Palmi.
L'ex penalista di Catanzaro è uno dei 26 imputati coinvolti nel maxiprocesso intentato dalla Dda reggina contro il clan Piromalli di Gioia Tauro. Nell'udienza dell'8 settembre scorso, al termine della sua requisitoria il pubblico ministero ha chiesto per Pittelli una condanna a 16 anni di reclusione.
La difesa dell'ex penalista di Catanzaro ha analizzato tutta la piattaforma indiziaria sostenuta dall'accusa e ne ha sostenuto «l’inconsistenza probatoria». Due i punti più importanti affrontati dagli avvocati Contestabile e Gambardella durante le loro arringhe. Intanto, l'accusa mossa dalla Dda reggina a Pittelli di avere svolto il ruolo di “postino” per conto del boss Giuseppe “Pino” Piromalli e suo figlio Antonio, vertici della potente cosca della città del porto e, all’epoca dei fatti, entrambi detenuti in regime di 41 bis. I due legali hanno portato all'attenzione dei giudici del collegio lo scambio epistolare tra i due detenuti e il loro difensore. Le missive ricevute e inviate dall’avvocato Pittelli, hanno sostenuto Contestabile e Gambadella, avrebbero avuto «un contenuto assolutamente lecito».
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