
La Calabria continua a mostrare i suoi connotati di terra sospesa tra il cielo e l’incanto. Una regione fiera di esibire all’Italia le sue luminose vedute che si ammirano lungo i circa 800 chilometri di coste, enormi distese naturali che sfumano nei colori del suo mare blu. Su questa zolla dell’Italia più meridionale, il vento della speranza soffia sempre nel verso giusto dell’estate. Le stime grondano d’ottimismo e descrivono l’onda di piena che ha portato al sold out su molte spiagge della regione. Muri umani tra gli ombrelloni, lidi e strutture ricettive piene rappresentano il riflesso di una estate che spiana sentieri di fiducia per il futuro.
Ma se si guarda al turismo con gli occhi dell’imprenditore, i conti in Calabria finiscono per non tornare mai perché sono pochi tre mesi di stagione all’anno. Ci sono margini inespressi, costi di mancate opportunità. Il problema è che si fatica a mettere in produzione le enormi potenzialità di questa terra e il turismo non sarà mai un settore industriale. Inevitabilmente, la destagionalizzazione diventa una delle priorità nell’agenda del futuro governatore. Certo, da qualche anno si assiste a un lento cambio di paradigma. I diagrammi si sono colorati di positività ma la strada è ancora lunga. Tra gennaio e aprile del 2025 (sono dati della Regione), i flussi turistici hanno registrato un incremento del +10,1% nelle presenze rispetto allo stesso periodo del 2024, raggiungendo quota 464.240 pernottamenti. Ancora più netta la crescita negli arrivi: +10,4%, per un totale di 224.292 turisti. Un dato che sorprende non solo per il tasso di crescita, ma per la sua distribuzione nei mesi invernali, un tempo silenziosi e privi di vita. Un trend che rappresenta la dimostrazione che qualcosa, nel posizionamento dell’offerta, sta cambiando.
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