
Prosegue, dal mar Tirreno allo Jonio, la scia di sequestri di impianti di depurazione. Dopo i cinque depuratori del comprensorio tirrenico cosentino posti sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Paola, guidata dal procuratore capo Domenico Fiordalisi, nell’ambito di una più vasta operazione giudiziaria in cui risultano altri sette impianti ancora oggetto di indagini, la Capitaneria di Porto ha nuovamente posto sotto sequestro il depuratore che serve i comuni di Soverato, Satriano, Davoli e San Sostene, a circa dodici mesi dal sequestro precedente.
Da quanto sinora emerso, sarebbero state riscontrate gravi anomalie strutturali che, incidendo sul funzionamento dell'impianto, causavano lo scarico dei reflui fognari nel fiume Ancinale senza che il processo depurativo fosse adeguato, determinando inquinamento. Le analisi effettuate dall'ARPACAL avrebbero infatti riscontrato livelli elevati di Escherichia coli.
L’intero litorale deve essere maggiormente attenzionato: nell’ambito della campagna di monitoraggio di Goletta Verde, i campionamenti eseguiti alla foce del fiume Corace, a Catanzaro, e presso il fosso Beltrame, tra Montepaone e Soverato, così come il monitoraggio effettuato a Isola Capo Rizzuto, alla foce del canale presso la spiaggia della fortezza aragonese, hanno restituito dati “preoccupanti”: in entrambe le aree è stato rilevato un livello di inquinamento superiore ai limiti di legge.
Legambiente Calabria, come in analoghe occasioni, esprime il proprio plauso ed il proprio sostegno alla Magistratura, alle Capitanerie di Porto e alle Forze dell’Ordine. Allo stesso tempo, però, non si può che rimarcare la necessità che gli interventi avvengano soprattutto in un’ottica estesa di prevenzione e controllo, per tutelare i fragili ecosistemi fluviali e marini e la salute pubblica.
Le criticità nella depurazione, per quanto riguarda gli impianti, possono dipendere sia da una cattiva gestione, sia dal loro sottodimensionamento rispetto al reale carico fognario. La situazione complessiva è frutto di decenni di un “laissez faire, laissez passer” alla calabrese, nel quale si è consentito, soprattutto nelle zone costiere, uno sviluppo urbanistico-edilizio incontrollato e caotico che ha spesso trasformato territori meravigliosi in un labirinto di costruzioni.
L’azione amministrativa della Regione Calabria, insieme a quella di diversi Comuni – guidati anche da amministrazioni di segno politico differente – ha portato a interventi concreti sia sul fronte della cattiva depurazione, per la quale restano aperte procedure di infrazione comunitaria, sia contro l’abusivismo edilizio. Resta però indispensabile una vera e propria inversione di rotta, capace di ristabilire pienamente la legalità.
Le soluzioni sono lunghe e complesse ed i problemi relativi alla depurazione hanno origini diverse, ma un ruolo importante è certamente ricoperto dal fattore edilizio, dalla gestione e dal controllo del territorio. Ogni pianificazione di ampliamenti urbanistici dovrebbe partire da una verifica preliminare sulla capacità delle reti e degli impianti esistenti, in particolare quelli idrici e fognari.
In Calabria non solo non si riescono ad affrontare le troppe illegalità a carico degli immobili esistenti, ma si continua a costruire troppo e spesso male. Le zone marine stanno assistendo a un proliferare di nuovi edifici, come sta accadendo, ad esempio, a Montepaone o nel quartiere marinaro di Catanzaro. Vi è da chiedersi se tutti questi nuovi interventi urbanistico-edilizi prendano in considerazione, come sarebbe doveroso, l’incremento di carico antropico, visto che generano un aumento – non momentaneo ma stabile nel tempo – di presenza umana a fini abitativi, lavorativi o turistici e per l’utilizzo di servizi.
Appare evidente, inoltre, che il decremento demografico in corso non giustifica gli ampliamenti urbanistici che si stanno verificando soprattutto nelle fasce costiere – spesso seconde case, con carico idrico e fognario puntuale (circa due mesi all’anno) – che gli impianti e i gestori non sono in grado di soddisfare.
In questo quadro complessivo, considerati tutti i problemi esistenti e resi evidenti dalle indagini giudiziarie a carico dei sistemi di depurazione (senza dimenticare le reti fognarie), è una legittima domanda che rivolgiamo alle Amministrazioni. La nostra riflessione è che, per salvaguardare il nostro mare dalla cattiva depurazione, occorre fermare anche il consumo di suolo.
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