
Una Calabria che si spopola, inserita in un Mezzogiorno, ma vale per l’intero contesto nazionale, che continua a registrare un costante calo demografico. L’allarme è già stato lanciato da tempo. Non si tratta, però, soltanto di una semplice perdita di popolazione, di competenze e risorse. L’andamento demografico va infatti a influire direttamente sugli assetti sociali ed economici di un territorio: gli effetti si vedranno sul sistema previdenziale, sulla spesa per il sistema sanitario, sull’occupazione con un calo delle persone in età lavorativa, sulle opportunità in generale. A pesare sono in particolare le migrazioni interne, che accentuano i divari territoriali.
Un contesto analizzato nel corso di una recente audizione della presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto: «Le migrazioni interne accentuano i divari territoriali, con un flusso netto di popolazione e capitale umano dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord, rendendo alcune aree fragili e a rischio di spopolamento».
Sono soprattutto le prospettive demografiche delle aree interne a preoccupare: subiscono di anno in anno un calo demografico, «un invecchiamento della popolazione e una consistente emigrazione, soprattutto di giovani, non controbilanciata da flussi in entrata». Il dato numerico fornito in sede di audizione è molto chiaro: «Nel 2023, a fronte di un calo della popolazione residente di quasi 26mila unità, oltre 24.500 erano imputabili ai piccoli Comuni (sotto i 5.000 abitanti)».
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