
La strada su cui avanza il futuro della Calabria sembra accorciarsi e sfuma dentro statistiche che si arrampicano lungo sentieri di pietra in una terra fiaccata dal progressivo invecchiamento. Tra denatalità e fuga dei cervelli, si perdono quote di popolazione “green” più che altrove. Del resto, a tutto il Sud resta ben poco da offrire ai suoi giovani. Qui si smette di sognare quando ci si rende conto dell’esistenza di intollerabili differenze sociali che si trasformano in muri. E l’unico modo per accorciare le distanze con l’altra Italia, quella del Nord che tiene il passo dell’Europa, è partire, allontanarsi per sempre dalle difficoltà nostrane, seguendo rotte controcorrente per evitare la tempesta della rassegnazione. Alcuni giovani lo fanno dopo il diploma, altri dopo la laurea.
E chi resta è costretto a fare i conti con le leggi non scritte della sopravvivenza, in questo Sud immutabile. All’interno di questo scenario livido, la sofferenza sta diventa terreno di coltura anche per i più giovani, costretti a fare i conti con un mondo reale che s’impossessa delle loro vite rubando i loro sogni. Lo sfruttamento del lavoro minorile è uno dei risvolti più drammatici di questa terra dove le necessità di sostentamento familiare nutrono il precoce abbandono scolastico dirottando schiere di minori verso impieghi in condizioni di grave disagio. È chiaro che se si adottano le disposizioni previste dalla legge italiana alcuni impieghi possono contribuire positivamente allo sviluppo dei ragazzi. Il lavoro può insegnare ai minori il senso di responsabilità e particolari abilità che saranno utili a loro e al resto della società.
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