
Il punto più alto – o più basso, dipende dalla prospettiva – è stato raggiunto a marzo 2014, quando l’allora governatore Peppe Scopelliti si dimise all’indomani di una condanna per abuso d’ufficio. È vero, i fatti contestati risalivano all’epoca in cui era sindaco di Reggio Calabria (l’inchiesta riguardava il cosiddetto “caso Fallara”), ma quella data ha comunque segnato il più potente terremoto giudiziario – ma non certamente l’unico – della storia della Regione Calabria. Effettivamente qualche scossetta, o forse più, dai Palazzi di giustizia c’era stata già in precedenza, per esempio con la presidenza di Agazio Loiero che, eletto alla guida della Regione nel 2005 da leader del centrosinistra, è rimasto coinvolto nell’inchiesta Why Not dell’allora pm di Catanzaro Luigi De Magistris e in un altro fascicolo sulla sanità, salvo poi venire assolto con formula piena (per lui, dunque, nessuna responsabilità) in entrambe le occasioni.
Si dice da sempre nei Palazzi della politica che per un amministratore pubblica l’avviso di garanzia è roba da mettere in preventivo. E tanti presidenti della Regione Calabria hanno dovuto fare i conti con notifiche, inviti a presentarsi, proroghe e chiusure di indagini. Se oggi è Roberto Occhiuto a dirsi «sereno un piffero» rispetto a «una cosa infamante», lo stesso Scopelliti, prima delle dimissioni “consigliate” dalla legge Severino, nelle vesti di presidente della Regione e di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro della sanità era stato indagato in altri due casi, dai quali è uscito a testa alta.
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