
Prigionieri dei loro incubi, di quelle ombre inquiete che si agitano quotidianamente nei santuari della sanità locale. Una maledizione per medici e infermieri costretti a lottare contro malattie e frustrazione. E ogni giorno che passa si consuma il distacco dalla vita reale e la mutazione d’identità provoca smarrimento. Eppure, medici e infermieri sono gli stessi che per quasi tre anni sono stati proclamati eroi, fotografati e postati sui social con gli occhi stanchi e i volti stremati, osservati mentre sfidavano il virus a mani nude dentro quelle stanze svuotate dal terrore. In quel tempo sospeso erano diventati angeli, gli angeli del Covid, l’ultima frontiera che restava tra la speranza di sopravvivere al nemico e la disperazione di non farcela. Racconti e ricordi di quei mesi drammatici sfumano nel rapporto annuale dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio sanitarie del Ministero della Salute. Una relazione che mette insieme le drammatiche testimonianze del personale aggredito nella tragica normalità degli ospedali assediati in un delirio collettivo. Spesso, l’obiettivo dei caregiver o degli stessi pazienti sono quegli uomini e quelle donne in camice bianco che cercano di rispondere alla valanga di richieste di assistenza.
I numeri
È, soprattutto, il Pronto soccorso il luogo più esposto al rischio. Nel 2024, in Calabria, sono stati censiti 49 episodi di violenza ai danni degli operatori sanitari e ben 24 arrivano dalle prime linee degli ospedali. Da Reggio Calabria a Catanzaro da Crotone a Cosenza, e fino a Vibo dove, a settembre, il prefetto ha chiamato l’esercito per blindare il cordone della sanità pubblica. In un anno, gli operatori calabresi obiettivo di violenze sono stati, complessivamente, 63, di cui 30 maschi e 33 femmine, distribuiti nelle diverse fasce d’età. Il 54 % (34) sono infermieri, il 30 % (19) medici e il 9,6% (6) sono Oss. E sono finiti nel mirino anche 3 autisti e 1 operatore di una ditta esterna delle pulizie.

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