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Il Sud non s’è mai sviluppato oltre Eboli dove l’Italia stenta ad arrivare. Questa zolla estrema dello Stivale continua a pagare le amnesie della politica svuotandosi di persone e di speranza e soffrendo l’abbandono delle migliori intelligenze. Una fuga di massa da una terra schiacciata dalla disoccupazione e dalla oppressione della ’ndrangheta. Del resto, qui l’emergenza è sempre stata pane quotidiano e la normalità è qualcosa che non s’è mai vista. È la triste vicenda meridionalistica, una questione rimasta irrisolta, sia per l’assenza di un vero disegno politico, sia per una storica insufficiente dotazione di infrastrutture funzionali, scientifiche, sociali e fiscali, capaci di abbattere il dualismo tra il Nord e il Sud del paese. E l’ultimo report sfornato dalla Fondazione Gimbe sulla spesa sanitaria delle famiglie conferma le distanze tra le due Italie. Sostiene Gimbe: «Nel 2023 l’Italia ha chiuso al quinto posto in Unione europea per la spesa sanitaria familiare (definita tecnicamente: out of pocket) con 40,6 miliardi di euro. Ma quasi il 40% di questa somma finisce in servizi e prestazioni inutili».
L’indagine di Gimbe segue le tracce della spesa sanitaria trasmessa al Sistema Tessera Sanitaria e riferita alla popolazione residente Istat al primo gennaio 2023. Dati che rivelano un valore nazionale di 730 euro pro-capite, con un range che va dai 1.023 euro della Lombardia ai 377 euro della Basilicata. Una distribuzione che evidenzia come le regioni (tutte del Nord, la più meridionale è il Lazio, terza) con migliori performance nei lea registrano una spesa pro-capite superiore alla media nazionale, mentre quelle del Mezzogiorno o in Piano di rientro si collocano al di sotto. La Calabria chiude a 416 euro a persona. Solo la Basilicata spende di meno in Italia. «Questo dato – ha spiegato il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta – conferma sia che il livello di reddito è una determinante fondamentale della spesa out of pocket, sia che il valore della spesa delle famiglie, al netto del sommerso, non è un parametro affidabile per stimare le mancate tutele pubbliche, perché condizionato dalla capacità di spesa individuale».
Ma il valore della spesa sanitaria delle famiglie è un indicatore affidabile di dinamiche pericolose. Gimbe ha studiato i flussi e ha concluso che la spesa sanitaria delle famiglie è sempre più “arginata” da fenomeni che incidono negativamente sulla salute delle persone: limitazione delle spese sanitarie, che nel 2023 ha coinvolto il 15,7% delle famiglie, indisponibilità economica temporanea per far fronte alle spese mediche (5,1% delle famiglie nel 2023) e rinuncia alle cure. In particolare, nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici, di cui 2,5 milioni per motivi economici, con un incremento di quasi 600mila persone rispetto al 2022. Le differenze regionali sono marcate: nove regioni superano la media nazionale (7,6%), con la Sardegna (13,7%) e il Lazio (10,5%) oltre il 10% delle famiglie. Al contrario, 12 regioni, tra cui la Calabria con il 7,3%, si collocano sotto la media italiana, con la Provincia autonoma di Bolzano e il Friuli che registrano il valore più basso (5,1%).
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