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Tema eticamente complesso, fondamentale, destinato a incidere sul futuro della collettività, eppure mai pienamente affrontato in Calabria. Stiamo parlando del cosiddetto suicidio assistito. Il dibattito sulle norme relative al fine vita è tornato alla ribalta dopo l’approvazione di una legge ad hoc da parte del Consiglio regionale della Toscana.
A Palazzo Campanella, invece, l’unico tentativo legislativo si è impantanato nelle sabbie mobili dell’Astronave. Già, perché il testo presentato dal gruppo consiliare del Pd nell’estate 2022 è stato superficialmente affrontato in commissione Sanità circa un anno fa ma senza arrivare ad un voto finale. “Colpa” anche della poca convinzione dei proponenti, frenati pure da indicazioni contrastanti arrivate da più settori, comprese le gerarchie ecclesiastiche.
In quel testo, tuttavia, non si faceva esplicito riferimento al suicidio assistito bensì si utilizzava l’espressione felpata “morte serena”. Nell’articolato normativo si leggeva che «le strutture sanitarie pubbliche della Regione Calabria assicurano l’assistenza per aiutare alla morte serena e indolore le persone malate in stato terminale o cronico, la cui condizione clinica è compatibile con il diritto al rifiuto del mantenimento artificiale in vita ai sensi dell’articolo 32, comma 2, della Costituzione». Il resto è storia nota con una stringata discussione in commissione e la decisione di non esprimersi sul testo.
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