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Calabria, previste 2.060 assunzioni ma una su due non si farà. Il dato

Secondo i dati del report Unioncamere-Ministero elaborati dalla Cgia, c’è carenza di disponibilità e competenze tra i candidati

Mai così tanta gente a lavoro in Italia. L’occupazione cresce, soprattutto, al Sud e crescono, pure, le ore lavorate. Diminuiscono i disoccupati ma le paghe non si schiodano. L’algoritmo è elaborato dall’ufficio studi della Cgia su dati di Unioncamere-Ministero del Lavoro. Il report analizza lo scenario che è andato componendosi nel paese nell’ultimo anno. Un profilo dal quale affiora un paradosso: le imprese puntano ad arruolare nuovo personale (in tutta Italia, in questi primi tre mesi del 2025, sono previste 1,37 mln di assunzioni di cui 380mila a tempo indeterminato) ma si tratta di un casting difficile per carenza di disponibilità e competenze. Almeno uno su due rischia di saltare. E tutto ciò succede mentre, ovunque, le crisi aziendali ci stanno abituando a un sentimento assoluto come la sofferenza col rischio di perdere 120mila occupati. Una sofferenza che è fatta di pensieri negativi, pensieri che corrompono le vite e si riempiono di dolore e paura perché a fronte degli esuberi certi, i ricambi non sarebbero garantiti. E c’è il dubbio che l’economia non cresca più.

Mezzogiorno

Arriva il lavoro. Soprattutto al Sud. Previsto un aumento di assunzioni rispetto alle previsioni riferite allo stesso periodo del 2024. Nel resto d’Italia, invece, per 45 province del Nord e del Centro le variazioni saranno anticipate dal segno meno. In Calabria, ne sono attese 2.060 con una crescita del 9,7% rispetto a un anno fa. Ma si segnalano difficoltà per il 45,6% dei posti da ricoprire. La situazione più virtuosa è attesa a Vibo con il +20,1% (che corrisponde a +350 entrate), quarto dato in assoluto nel paese. Seguono Cosenza, diciannovesima, con il +10,5% (+820), Crotone, venticinquesima, con il +9,1% (180), Reggio Calabria, ventisettesima, con il +9,1% (+460) e Catanzaro, quarantatreesima, con il + 5,2 (+240). Scrivono gli esperti dell’Ufficio studi della Cgia: «Nonostante il depotenziamento previsto per il 2025, la decontribuzione relativa alle assunzioni nella Zes unica per il Mezzogiorno e l’attuazione del Pnrr rappresentano i due elementi fondamentali in grado di “giustificare” l’eccellente performance occupazionale attesa nel Mezzogiorno e in Calabria in questi primi mesi dell’anno».

Allarme giovani

La Cgia s’affaccia anche sul mercato del lavoro giovanile. E segnala un una costante diminuzione della partecipazione in tutta Italia. «La fascia di età 25-34 è passata da circa 8,5 milioni di persone nel 2004 ai 6,2 milioni attuali. Si tratta di un crollo inedito rispetto al passato e tra i più accentuati in Europa. La forte riduzione del rinnovo della popolazione attiva va a trascinare via via verso il basso la forza lavoro potenziale. In particolare la fascia 35-49 è passata da oltre 14 milioni di residenti nel 2014 a meno di 11,5 milioni nel 2024, con la previsione di scendere a meno 10 milioni entro il 2040…». In Calabria il ricambio è inesistente. Il crollo delle nascite, certificato da un indice di natalità in caduta libera, ipoteca il Pil del futuro. La denatalità finirà per indebolire la produttività dei vari territori, ampliando ulteriormente i divari con le altre aree geografiche del Paese. A rischio, inevitabilmente, il welfare. Anche perché, entro il 2028, ben 3 milioni di addetti andranno in pensione in tutta Italia (dato contenuto nel report “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia nel medio termine”). E la Calabria è attualmente tra le regioni più squilibrate d’Italia con 755mila pensioni erogate rispetto a 529mila occupati e con un indice di popolazione attiva (è il rapporto tra quelli che si preparano ad andare in pensione e quelli che stanno per cominciare il percorso lavorativo) che continua a crescere.

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