Provò a salvare Aldo Moro, fautore dell’apertura al Pci tanto invisa agli americani, attraverso una sotterranea trattativa con il Psi. Correva il 1978, il presidente della Dc era stato sequestrato dalla colonna romana delle Brigate rosse. Erano gli “anni di piombo”. Tentò, con Lanfranco Pace, una mediazione attraverso il socialista Claudio Signorile, nella speranza di ottenere la disponibilità al dialogo del leader Dc Amintore Fanfani al fine di scongiurare l’assassinio dello statista, ma anche per evitare una criminalizzazione della lotta politica. Non ci riuscì. Passò la “linea dura” (Dc-Pci) di non concedere nulla che legittimasse in qualche modo i terroristi. Sappiamo come finì. Dopo il sequestro coniò la famosa espressione – che fece scalpore – "geometrica potenza": per descrivere la capacità militare dimostrata dai brigatisti rossi nell’agguato di via Fani.
Si è spento ieri sera, a 82 anni, Franco Piperno, fondatore di Potere Operaio, protagonista di una stagione di battaglie civili, ricercatore alla Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma, docente al Politecnico di Milano, poi all’Università dell’Aquila, quindi all’Ateneo “Curie” a Parigi, all’Uqam di Montreal e ad Edmonton. Infine l’approdo all’Unical, l’Ateneo della Calabria con sede a Rende. Il ritorno a casa. Le conferenze al castello di Cosenza nelle notti di luglio a scrutar le stelle. I problemi con la giustizia erano ormai stati messi alle spalle e Giacomo Mancini, la figura più di spicco nella storia politica cosentina, e di primissimo piano nazionale per cinque decenni, lo chiamò addirittura in Giunta con delega alla Cultura, quando, sebbene già avanti con l’età, fu eletto sindaco della città dei Bruzi con voti che provenivano da destra e da sinistra.
Piperno è spirato all’Inrca di Cosenza dove da qualche giorno si trovava ricoverato in gravi condizioni a seguito di un malore.
Nato e cresciuto a Catanzaro da una benestante famiglia ebraica, diploma classico al Liceo Galluppi, laurea in Fisica conseguita alla prestigiosa Università di Pisa. Ancora liceale, si iscrisse al Partito comunista, per venirne espulso nel 1967 prima dei moti studenteschi del 1968. Frequentò il gruppo che pubblicava Classe operaia, rivista che si formò intorno alla figura di Mario Tronti. Ben presto finì con l’essere uno dei più famosi leader studenteschi del Sessantotto romano. Durante l'estate del 1969 fu nel vivo delle lotte alla Fiat e fondò insieme ad altri il gruppo politico Potere Operaio. Ne fu, in una fase, segretario nazionale, e leader riconosciuto insieme a Toni Negri e Oreste Scalzone. Potere Operaio fu filiazione di Quaderni Rossi (di Raniero Panzieri) e di Classe operaia (nel solco “aristocratico” dell’operaismo italiano).
Davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sequestro e il delitto di Aldo Moro, diede una lettura degli “anni di piombo” rivelatrice del clima che si respirava in un’Italia attaccata al cuore. Piperno sostenne che in quegli anni si visse «una piccola guerra civile», dove le parti contendenti erano, per usare il gergo marxista, il «valore d’uso e il valore di scambio». In seguito al “processo 7 aprile” (1979) contro Autonomia operaia venne accusato di essere uno dei fiancheggiatori del partito armato.
Da latitante si rifugiò in Francia, dove trascorse diversi anni grazie alla cosiddetta “dottrina Mitterrand”, che impediva le estradizioni per atti di natura violenta, ma d’ispirazione politica, ed in seguito in Canada. Tornò una prima volta in Italia per rifugiarsi ancora in Francia; rientrò approdando in Calabria quando la pena, di soli 2 anni, fu prescritta. Fondatore di Radio Ciroma a Cosenza, è stato autore di numerosi articoli e alcuni saggi, segnaliamo il suo “Elogio dello spirito pubblico meridionale”.
Franco Piperno lascia dietro di sé un’eredità fatta di luci e ombre. Indubbio il suo contributo alla fisica e alla cultura, come ovvie le polemiche politiche che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Non era un conformista né amava i limiti che il sistema impone.
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