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Centrale del Mercure a Laino Borgo, sarà il Consiglio regionale a valutare

La svolta dopo le audizioni in Commissione Ambiente: due proposte di legge di abrogazione. Resiste solo il consigliere Laghi

La centrale del "Mercure"

La vertenza del Mercure rinviata al Consiglio Regionale. È stato un lungo duello quello che si è consumato ieri pomeriggio sul futuro della Centrale di Laino Borgo. Sullo sfondo ci sono i ricorsi al Tar di Sorgenia, le osservazioni inviate al Governo dal Consorzio della Valle del Mercure, quelle dei comuni del Pollino e una serie di attività avviate da diversi partiti, sia di maggioranza, ma anche di opposizione che, in modo del tutto trasversale, si trovano d’accordo sul mantenimento della potenza del sito e la necessità di salvaguardare l’occupazione insieme all’indotto.
Qualche mese fa, il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, aveva scelto di negare l’autorizzazione al Mercure, poiché il Piano del Parco vieta impianti industriali con potenza di 41 MW elettrici come il Mercure, senza deroghe. La decisione ottenne subito il consenso delle associazioni ambientaliste. Ed è su questa base che la Commissione ambiente, presieduta da Katia Gentile, ha discusso le due proposte di abrogazione: la prima dei consiglieri De Nisi, Graziano e Gentile e l’altra dei consiglieri di opposizione Bevacqua, Iacucci, Alecci, Bruni, Mammoliti e Muraca.
Contro le due iniziative c’è stato soltanto il consigliere regionale, Ferdinando Laghi. Il 14 gennaio si procederà, nella riunione dei capigruppo, a trasferire la vertenza sul tavolo del Consiglio Regione. L’audizione di ieri (otto ore circa) è scaturita dal precedente incontro delle parti interessate con il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso. Il consigliere Giuseppe Graziano durante la sua audizione ha spiegato come la proposta nasce dall'esigenza di abrogare una norma, entrata in vigore da poco, che depotenzia le centrali a biomasse. Oltre a rilevare come il passaggio avrà «conseguenze drammatiche dal punto di vista naturalistico ed occupazionale, già a partire dagli anni 2000 si è parlato della riconversione, realizzata con il consenso delle amministrazioni locali e finalizzata all’avallo delle fonti energetiche alternative». Il ridimensionamento previsto dalla norma «rappresenta la pietra tombale con ripercussioni di ordine sociale che potrebbero determinare ripercussioni anche di ordine pubblico.

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