La Calabria resta aggrappata al Pnrr. Progetti e speranze che avevano già convertito il 2024 in uno straordinario transito di benessere. Una insolita vitalità imprenditoriale che ha attraversato tutto il Mezzogiorno trasformandolo nella locomotiva del paese tra crescita del Pil e un valore dell’export mai registrato prima. Risultati che hanno rovesciato la narrazione di un Sud perennemente in affanno. Ma sul 2025 si agita una gigantesca bolla economica che potrebbe inghiottire aziende in affanno, famiglie in difficoltà, lavoratori dei settori pubblico e privato. Tutti a rischio di scivolare sull’orlo della disoccupazione. Comuni, scuole, strutture sanitarie, imprese e uffici pubblici in genere dovranno fare i conti con i rincari stellari dei prezzi dei prodotti energetici. Le quotazioni in veloce rialzo di carburanti, gas e corrente elettrica porteranno, inevitabilmente, a una crescita netta dell’inflazione. E l’immagine patinata di un Sud in ripresa grazie al fiume di quattrini del Pnrr e dei bonus edilizi rischia di sfumare in mezzo a una realtà nella quale si ripresenteranno gli storici divari col resto del paese.
In questa nostra terra, l’auspicata ripresa inquadrata all’alba del 2024 si era mossa chiaramente lungo le direttrici dei finanziamenti europei. Secondo il report di Bankitalia, nell’aggiornamento congiunturale di novembre, la crescita di occupazione maggiore si era materializzata nei servizi privati (62.108 al primo semestre 2024) e nell’industria in senso stretto (6.182).
Il settore delle costruzioni invece, dopo un periodo di grande dinamismo (10.835), ha iniziato a rallentare in concomitanza con una minore disponibilità di fondi del superbonus. Ma qui al sud più che altrove il punto più acuto del declino sociale ed economico è, storicamente, rappresentato dall’universo giovanile. Negli ultimi dieci anni la platea degli under 34 ha subito una netta contrazione. È l’effetto dell’“inverno demografico”, che l’Istat descrive come «lo scenario in cui di anno in anno la popolazione vede ridurre la sua capacità di rinnovarsi per effetto dell’apporto quantitativo dato dall’ammontare delle nuove generazioni.
Un fenomeno, diventato evidente, che viene tuttavia da lontano (dalla crisi economica del 2008 che continua a riverberare nelle difficoltà del sistema produttivo dei territori più fragili, ndr) ed è dovuto solo in parte alla scelta di avere meno figli rispetto al passato, o di non averne, da parte dei potenziali genitori».
Numeri alla mano, secondo l’Istituto di statistica di Stato, tra il 2013 e il 2023 in Calabria sono “spariti” 92.521 giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quota che corrisponde a una contrazione complessiva del 19%.
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