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"Peppe Valarioti vive". Così Carmela Ferro continua a combattere la 'ndrangheta anche per lui

Carmela Ferro a cuore aperto: l’invito della fidanzata di Peppe Valarioti, assassinato 44 anni fa a Rosarno: "Coltivare sin da piccoli l'ideale della giustizia"

«Se volete incontrare Peppe Valarioti andate nelle piazze dove i giovani si battono contro il razzismo, la violenza e le ingiustizie. Lo troverete lì e vi accoglierà a braccia aperte». Parole e musica risuonate ad una commemorazione. Fu il primo politico assassinato dalla 'ndrangheta e la sua storia è stata paragonata spesso a quella di Peppino Impastato ammazzato per le sue idee, che continuano, però, a vivere sulle gambe di altri uomini e donne.

La vita del dirigente comunista Peppe Valarioti fu spezzata a Nicotera, in provincia di Vibo Valentia, la notte dell’11 giugno del 1980 al termine di una cena tenuta insieme ai compagni di partito per festeggiare una vittoria elettorale storica. Avrà trent'anni per sempre. E la sua fidanzata si è chiesta sempre cosa abbia pensato: «Ho conosciuto Peppe negli anni del liceo – racconta Carmela Ferro –, mi aveva colpita da subito per il suo atteggiamento mite e riservato, diverso da quello di tanti altri ragazzi della sua età. Ci incrociavamo nei corridoi del liceo e per lui mi presi una di quelle cotte adolescenziali fatte essenzialmente di sguardi, di aspettative e speranze.

Negli anni successivi condividemmo tante esperienze: l'università alla facoltà di Lettere di Messina, i corsi abilitanti all'insegnamento e quelli regionali della 285 per l'occupazione giovanile, le prime supplenze nelle scuole del territorio. Tra noi si sviluppò una profonda amicizia che sfociò poi in una bella storia d'amore. Peppe amava la cultura classica, a scuola le sue materie preferite erano il latino e il greco, per questo si iscrisse poi alla facoltà di lettere classiche a Messina. La sua passione più forte fu soprattutto per l'archeologia».

La cittadina di Rosarno, dove lui era nato e vissuto, in un lontano passato era stata l'antica colonia magnogreca di Medma. Peppe ne studiava la storia, ne ricercava le fonti, sognava che a Rosarno potessero essere realizzati un museo archeologico che raccogliesse i reperti rinvenuti durante i numerosi scavi effettuati nei decenni precedenti e che avevano acceso in lui questa passione per la civiltà classica. Morì prima e i suoi occhi vivaci non poterono vedere tutto questo.

«Un altro suo importante campo di interesse – continua Carmela Ferro – era la storia delle lotte contadine in Calabria e in particolare nella Piana di Gioia Tauro: Peppe proveniva da quel mondo, conosceva bene i problemi legati a quella condizione e ne aveva assorbito i valori».

Ma aveva un’altra convinzione che oltre le lotte per il lavoro, soprattutto la scuola e la cultura sarebbero stati gli strumenti, le armi vincenti per il riscatto dei giovani calabresi: «Era una persona generosa e altruista – ricorda ancora Carmela – credeva che l'impegno sia individuale che collettivo avrebbero potuto trasformare la realtà calabrese. Il contesto in cui lui viveva era molto problematico, forti ingiustizie sociali, carenza di lavoro, soprattutto per i giovani che preferivano lasciare la loro terra, un'economia controllata dalle cosche del territorio.

Peppe, il giovane Peppe, in Calabria decise di rimanere, “voleva fare qualcosa per la sua gente”, come disse ad un suo amico e collega che cercava di convincerlo a fare domanda di insegnamento al Nord. Ma per poter realizzare gli ideali di giustizia in cui credeva, era necessario non essere solo, condividere con altri i suoi stessi valori e i suoi progetti. Si iscrisse al Partito comunista e divenne quasi da subito il giovane segretario della sezione del partito di Rosarno».
Ma i suoi progetti di rinnovamento, il modo integro e rigoroso con cui portava avanti il suo impegno nelle varie attività sociali, culturali e politiche, il seguito che aveva con i giovani del suo paese grazie al suo carisma personale, tutto ciò metteva a rischio gli equilibri di potere nel suo territorio e costituiva una sfida troppo alta per le cosche e per il loro predominio basato sulla prepotenza e sulla violenza. E l'ultimo rumore che sentì fu quello del mare. Quello infinito. Che ti fa pensare a un luogo che si staglia oltre. E che risuona oggi nelle aule scolastiche per bocca di chi non lo ha mai dimenticato: «Era giugno e io immagino che Peppe in quegli ultimi minuti prima della sua morte quando percorse il viottolo per raggiungere la macchina, sentì anche il profumo delle zagare prima che fosse raggiunto dai colpi di lupara che furono sparati da dietro una siepe. Parlare giova. Quando parlo ai ragazzi nelle scuole dico sempre – conclude Carmela Ferro – che se si impara a lottare sin da piccoli per l’ideale della Giustizia, come ha fatto Peppe, la vita diventa un’avventura bellissima, le giornate acquistano senso e valore e la noia scompare. È importante sapere che ci sono stati giovani che questa scelta l’anno fatta pur sapendo di andare incontro a dei rischi, e l’esempio di questi giovani eroi potrà costituire un punto di riferimento importante quando si presenteranno conflitti o scelte difficili per la nostra vita. Raccogliere l’eredità dei suoi valori e delle sue scelte significa riscattare la sua morte dall'inutilità e dall'oblio e rendere Peppe ancora vivo». Esiste una pagina Fb dedicata a lui “Peppe Valarioti vive” e, di fatto, una memoria da tramandare.

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