Aveva finito di scontare da appena 20 giorni una pena a 12 anni di reclusione, ma Antonio Gualtieri, ritenuto uno dei boss della cosca di 'ndrangheta emiliana legata a Grande Aracri, è stato arrestato di nuovo ieri sera a Reggio Emilia, con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il 63enne era stato condannato a 12 anni nell’ambito del processo Aemilia, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, ricettazione ed emissione di fatture false. Una pena in parte scontata agli arresti domiciliari, per gravi problemi di salute. Una volta in libertà, come conferma la Questura di Reggio Emilia, si è attivato per riscuotere un credito di circa 190.000 euro vantato da un suo familiare nei confronti di un agente immobiliare. Ha agito, però, «col tipico metodo intimidatorio e minaccioso degli 'ndranghetisti - spiegano dalla Questura - per costringere il debitore ad assolvere al pagamento, con minacce di morte rivolte a lui e ai suoi familiari, assoggettandolo e incutendogli timore in virtù della sua caratura criminale». Un quadro ritenuto «gravemente indiziario» dalla Procura di Reggio Emilia, diretta dal procuratore Calogero Gaetano Paci che, in coordinamento con la Dda di Bologna, ha adottato un provvedimento restrittivo d’urgenza, eseguito ieri sera dalla squadra mobile di Reggio Emilia. Gualtieri attualmente è in carcere e dovrà comparire nelle prossime ore davanti al gip per l’udienza di convalida. Il 63enne è considerato uno dei capi della cosca di 'ndrangheta emiliana, incaricato di coordinare e organizzare i principali affari illeciti e operazioni finanziarie, in cui venivano riversati i proventi illeciti della consorteria, dalla vocazione spiccatamente imprenditoriale. Era il soggetto incaricato di tenere i rapporti con la cosca Grande Aracri di Cutro, legata a quella emiliana e in particolare con il boss Nicolino Grande Aracri.
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