Le contraddizioni di un Sud apparentemente dinamico (descritto dai report di Bankitalia, Confcommercio, Svimez e Confartigianato) si ritrovano in mezzo a una realtà immutabile che affiora chiaramente dall’ultimo rapporto Bes (Benessere equo sostenibile) 2024 (riferito ai dati del 2023) dell’Istat, che colloca la Calabria ancora in ritardo per tasso di donne occupate tra i 20 e i 64 anni facendo registrare una crescita modesta (+0,9%) rispetto al 2022.
La regione si muove lentamente in fondo alla graduatoria nazionale con il 35,2% di quote rosa (significa che, per il momento, una donna su tre lavora) e precede solo la Campania (33,8%) all’interno di un Sud (che esprime, complessivamente, il 38,6% di quote rosa) che è anche Sud dell’Europa con una media largamente inferiore a quella di Grecia e Romania, paesi dove è più marcato il divario.
La trama attraversa i labirinti della storia che matura davanti all’insofferenza di un mercato che nel Mezzogiorno vede prevalere largamente l’occupazione maschile. Nel 2023, in Calabria risulta occupato il 61,8% dei maschi. Ciò significa che siamo quasi al doppio e cioè: su tre persone al lavoro, due sono maschi e una è donna. Quello che viene definito come gender gap ha dunque proporzioni ancora più nefaste nei territori disagiati, dove si aggravano per le donne fenomeni come il lavoro nero e lo sfruttamento.
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