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Calabria, la rivolta dei lidi balneari: "Legge vergognosa"

Dagli indennizzi inadeguati al “miraggio” della scarsità della risorsa. Il ruolo della Regione

Stabilimenti balneari

A pochi giorni dall’approvazione della riforma delle concessioni, votata dal Senato nel decreto Infrazioni che diventa legge, non si arresta la polemica dei balneari. Un tema scottante, intorno al quale già quest’estate i sindacati avevano indetto diverse iniziative di protesta, preannunciando adesso una nuova mobilitazione contro un testo che «non affronta la questione della scarsità della risorsa» che, invece, è il «presupposto per la corretta applicazione della direttiva Bolkestein».
Non solo. I sindacati lamentano anche «l’irrisorio valore dell’indennizzo previsto, calcolato sugli investimenti degli ultimi 5 anni, segnato dal Covid e dell’incertezza sulla durata delle concessioni» evidenziando, inoltre, come sul provvedimento non ci sia stato «il coinvolgimento della categoria», né quello di Regioni e Comuni «che esercitano le funzioni amministrative in materia». Infine, si dicono «sconcertati» dall’esclusione dalla Bolkestein «solo dei circoli sportivi e non anche di coloro che dalla concessione ricavano il reddito esclusivo per la propria famiglia».
Il decreto proroga al 30 settembre 2027 le concessioni demaniali marittime, di lago e fluviali e stabilisce che le nuove procedure di affidamento dovranno essere chiuse entro il 30 giugno 2027. E abroga il tavolo tecnico istituito per la mappatura delle concessioni. «C’è grande delusione e forte amarezza – afferma Antonio Giannotti, responsabile calabrese del Sindacato italiani balneari – non era certo quello che avevamo chiesto e neppure ciò che ci era stato prospettato. Anzitutto, non è stato inserito alcun giusto indennizzo. È vero che il demanio è pubblico, ma è altrettanto vero che su quel territorio è stata realizzata un’impresa, spesso decennale, e pertanto è corretto che venga adeguatamente riconosciuta. Soprattutto quando le regole cambiano radicalmente, bisogna ricordare che queste aziende sono nate perché c’erano certezze che hanno spinto a investire capitali propri, ma anche a compiere determinate scelte di vita. Certezze che, negli ultimi anni, anche a causa della pandemia e dei suoi effetti, non ci sono più state».
 

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