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La cosca di Petilia contava sulla «forza intimidatrice»

Le motivazioni della sentenza d’appello del processo scaturito dall’inchiesta “Eleo” della Dda

Dalla riscossione del denaro per destinarlo alle famiglie dei carcerati ai summit di ’ndrangheta per discutere di affari illeciti; dalla disponibilità di armi alle estorsioni agli imprenditori. Così la cosca di Petilia Policastro, attiva anche a Cotronei, aveva affermato la sua «forza intimidatrice» sulle aree di riferimento. Lo scrive la Corte d’Appello di Catanzaro. Che, nelle motivazioni della sentenza con la quale il 5 luglio scorso ha inflitto 7 condanne e deciso un’assoluzione, conferma l’impianto accusatorio delineato dalla Dda con l’inchiesta “Eleo”. Si tratta dell’operazione che, scattata il 15 gennaio 2021 con 12 fermi eseguiti dai carabinieri, avrebbe disarticolato il clan petilino che s’era riorganizzato dopo gli arresti degli anni passati. Tra le storie criminali finite sotto la lente del collegio presieduto da Antonio Battaglia, c’è il «recupero dei crediti» da parte degli uomini della ’ndrina. Un’attività «fruttuosa», della quale avrebbero beneficiato pure i detenuti, e di «particolare valore simbolico» per l’«affermazione della forza intimidatrice della cosca sul territorio». A riguardo, viene citato il foglietto rinvenuto il 18 marzo 2020 nell’appartamento di Domenico Bruno che dava «atto della spartizione» di mille euro tra i «sodali» e «in particolare» tra «Rosso (il presunto reggente Rosario Curcio condannato a 8 anni e 8 mesi nell’abbreviato di “Eleo”), Baffo (Mario Garofalo, 10 anni in abbreviato) e Pelliccia (Pierluigi Ierardi)».

Il clan inoltre, riporta la sentenza, disponeva «di armi comuni e da guerra (kalashnikov) detenute da Pierluigi Ierardi». Il quale, stando al dibattimento, avrebbe custodito pistole e fucili nel frigo di casa per conto del gruppo criminale. Non mancano poi i summit e i riti di affiliazione. I giudici hanno accertato «un summit mafioso», e «non un ritrovo conviviale», quello che si tenne a Torre Rinosi, in Sila, il 20 ottobre 2018 tra gli esponenti dei clan di Petilia Policastro e Cirò. E dalle parole di un affiliato si capì perché venne scelta la Sila. «Quando vai nelle costruzioni – l’osservazione intercettata – ti devi spaventare di tutto... ti devi guardare da tutto! Quando vai in questi boschi, boschi non c’è niente... puoi dire che c... vuoi. Il bello è che un bel posto sicuro, un bel posto tranquillo».

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