L'appello di Corbelli per l'attivista curda Maysoon Majidi: “Fuggiva da un regime, vanno concessi i domiciliari”
Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, da sempre impegnato sul tema della giustizia e dei migranti, interviene nuovamente sulla vicenda della giovane attivista curdo-iraniana per i diritti delle donne, Maysoon Majidi, 28 anni, detenuta da 9 mesi, in Calabria, dal momento dello sbarco a Crotone, insieme ad altri migranti, alla fine dello scorso anno, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla quale nei giorni scorsi sono stati negati, per la quinta volta, dal Tribunale di Crotone, gli arresti domiciliari. Corbelli rivolge un appello ai giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro che il prossimo 18 ottobre sono chiamati a pronunciarsi in merito alla richiesta di revoca dell’ordinanza di custodia cautelare emessa a carico dell’attivista presentata dal suo legale. In una nota afferma: “Ritengo ingiusto e incomprensibile il continuo rigetto dei domiciliari alla giovane attivista che si è sempre dichiarata innocente ribadendo di essere solo una rifugiata e richiedente asilo che fuggiva dall’oppressione del regime iraniano. Concederle i domiciliari, in attesa dell’esito finale del processo, è un atto di giustizia giusta e umana. Per gridare la sua innocenza, la ragazza, nei mesi scorsi ha scritto al presidente della Repubblica e ha fatto anche lo sciopero della fame. Maysoon Majidi oggi è in condizioni di salute assai precarie e a rischio. Ricordo che questa donna continua ad essere detenuta nonostante coloro che l’hanno indicata (due testimoni, un iraniano e un iracheno, che erano a bordo dell’imbarcazione, con altri 77 migranti, approdata a Crotone il 31 dicembre 2023) di essere aiutante degli scafisti, perché avrebbe portato dell’acqua ai migranti, abbiano poi chiarito di non averla mai accusata e che le loro parole sono state tradotte male. Anche per questo ancora una volta chiedo per questa attivista un atto di giustizia. Perché continuare a negarle i domiciliari (addirittura anche con l’uso del braccialetto elettronico) con un processo in corso il cui solo esito finale potrà stabilire se è colpevole dei gravi reati che le vengono contestati o è innocente come lei sostiene con forza, dignità e disperazione. Personalmente, avendo seguito, attentamente, sulla stampa la vicenda e coerentemente con la mia lunga storia garantista, sto dalla sua parte, senza alcun dubbio. Per questo pongo oggi un interrogativo: e se fosse realmente innocente, come continua disperatamente a dichiararsi, chi mai potrà risarcirla dell’ingiustizia, del dolore e della sofferenza subite?”