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L’azione dei musei calabresi in costante sinergia con i territori: le strategie di Filippo Demma

L’uomo del rinnovamento. Filippo Demma gestisce la Direzione Regionale dei Musei e del Parco archeologico di Sibari. L’avvento del direttore di origine campana, ha segnato l’inizio di un percorso nuovo nel mondo dei musei e dei parchi archeologici facendoli diventare sempre più “aperti” grazie a una serie di iniziative di particolare interesse. A Demma abbiamo posto alcune domande per capire verso quale direzione si stia andando.

Direttore cosa è cambiato in questi anni?

«Intanto c’è stato un forte ricambio generazionale negli uffici e quindi hanno cominciato a prendere servizio dipendenti giovani, vincitori di concorso, con tanta voglia di fare e non legati in precedenza a strutture già esistenti con obiettivi e articolazioni diverse e questo è stato importante. Poi abbiamo ripreso, dal punto di vista delle manutenzioni, tutti i Musei della Calabria, uniformando le manutenzioni con appalti collegati e uniformi senza fare per ognuno una gara, cosa che comportava molti ritardi».

Dal punto di vista degli interventi cosa è stato fatto?

«Tanto. Penso al nuovo allestimento del museo di Locri, inaugurato un anno fa, e alla progettazione dei nuovi percorsi al Parco con un impegno di 1.5 milioni di euro. Eppoi il restauro e la valorizzazione del parco di Monasterace inaugurato ad agosto, il nuovo allestimento della galleria di Cosenza i cui i lavori sono in appalto, le nuove ricerche a Capocolonna, la riapertura della zona del borgo a Le Castella, la prossima riapertura dell’archeologico di Metauros a Gioia Tauro, il nuovo allestimento del museo di Vibo, finanziato per oltre due milioni dal MiC e in corso di progettazione».

Lei ha cambiato l’idea dei musei, ce ne vuole spiegare il senso e cosa ha reso possibile la trasformazione?

«L’ha resa possibile, soprattutto, il ricambio di tutti i direttori e funzionari dei musei: con queste nuove leve si è riusciti a lavorare ad una nuova idea di museo che non è più solo quel posto, spesso sinonimo di grande magazzino dove si conservano reperti e opere, fruibili in larga parte agli studiosi, ma abbiamo pensato a musei di comunità dove il protagonista diventa il pubblico il quale si declina in tanti aspetti: tanti pubblici ognuno con le proprie esigenze di fruizione e i propri linguaggi. E noi abbiamo iniziato a parlare a tutti. Nel fare questo, il contatto con il territorio è stato fondamentale: nessun patrimonio diventa patrimonio dell’umanità se prima non lo diventa della comunità che lo detiene».

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