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I sindaci calabresi contro l’eolico selvaggio. "Vanno preservati i nostri territori"

I nuovi progetti presentati in Calabria fanno discutere mentre cresce l’insofferenza. Associazioni e intellettuali: «La priorità non può essere il business». Ma Legambiente si smarca: «Si analizzino bene bisogni e necessità»

La rivendicazione dei sindaci, che sulla transizione energetica non vogliono essere trattati alla stregua di «burattini», è quasi concomitante all’ultima manifestazione contro quello che i promotori definiscono «eolico selvaggio». Domenica scorsa un simbolico ma partecipato tuffo nello Jonio ha ribadito il dissenso al progetto di installazione di pale eoliche nel Golfo di Squillace. Le resistenze dei territori a nuovi impianti di energia rinnovabile, come la posizione favorevole di alcune realtà come Legambiente, non sono una novità.

Di inedito, però, c’è la vicinanza tra le posizioni degli ambientalisti contrari alla proliferazione delle pale eoliche e quelle di diversi amministratori locali che, forse per la prima volta, e anche da diverse collocazioni politiche, alzano la voce captando l’insofferenza delle comunità rispetto a processi ritenuti niente affatto democratici. Lo esplicita chiaramente un passaggio della lettera aperta firmata da trenta sindaci, tra i quali quello del capoluogo di regione, Nicola Fiorita: «Chiediamo, interpretando la volontà del tessuto sociale dei luoghi da noi amministrati, che la produzione e la distribuzione dell’energia ridiventino un servizio pubblico essenziale: solo così la produzione energetica da fonti rinnovabili non sarà più insostenibile e non aggredirà il patrio suolo (con la sua funzione di fondamentale regolatore climatico), gli ecosistemi, la biodiversità e il paesaggio».
A sostegno delle rivendicazioni di associazioni e amministratori si stanno esponendo anche scrittori come Gioacchino Criaco e Francesco Bevilacqua: «In Calabria, per una volta, si è avanti su tutti, nel sollevare il tema sul vento e sul sole, e non perché si sia contro le produzioni che non utilizzino il fossile, ma perché – ha spiegato Criaco – le produzioni in itinere più che dell'ambiente si preoccupano delle finanze, sono appannaggio di multinazionali che mirano agli incentivi più che alla pulizia dell'aria. Su questo i territori pretendono una discussione seria, una collocazione logica e ragionata».

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