Escono di casa all’alba e non tornano più. O ci tornano dopo mesi d’ospedale. È una mattanza senza fine, è la strage silenziosa di manovali, muratori, operai, agricoltori, braccianti. Sono padri e madri di famiglia che vivono e muoiono per guadagnarsi la pagnotta. Nel camposanto delle vittime professionali si piantano quotidianamente croci. Tanti caduti e anche un lungo elenco di feriti e invalidi del lavoro, nonostante le campagne di prevenzione e di formazione.
La disperazione risale da una contabilità angosciante che piega la fatica di uomini stanchi. Occupati, più o meno in regola, in luoghi non abbastanza saldi nel rispetto delle regole. Solo per questo, probabilmente, secondo la Cgia il tasso di infortuni, mobilità e invalidità permanente è del 12,3 ogni 10mila occupati. Un dato che colloca la Calabria al 14mo posto in Italia. Interessante è, però, un altro riferimento statistico ed è quello dell’Inail, rispetto all’anno 2023, che illustra i morti sul lavoro con esclusione degli infortuni in itinere. Una graduatoria che colloca la regione in zona rossa (al settimo posto) con un tasso di 45,4 incidenti mortali per milione di popolazione.
L’Ufficio studi della Cgia ha elaborato i dati sfornati dall’Inail nel rapporto che rischiara un significativo aumento degli infortuni nel settore delle costruzioni, nei primi sette mesi del 2026 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Complessivamente, in Calabria sono stati 15 gli infortuni mortali sui luoghi di lavoro denunciati da gennaio a luglio di quest’anno. Una strage che si traduce in poco più di due vittime al mese. Un dato che ha eguagliato il saldo dello scorso anno. In peggioramento lo scenario di Catanzaro dove si è passati dai 2 decessi del 2023 ai 6 del 204. Cosenza scende da 9 a 4, Reggio da 1 a 2, Crotone da 3 a 1 e Vibo da 0 a 1.
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