Ci sono zone del Paese messe peggio ma la Calabria è uno di quei territori nei quali è necessario tenere alta la guardia per fronteggiare gli scenari più critici dal punto di vista idrogeologico. La cura del territorio diventa strategica in una fase di cambiamento climatico che sta portando a manifestarsi eventi meteo estremi. La recente calamità che ha colpito l’Emilia Romagna (una delle regioni con rischio elevato di alluvione, secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale-Ispra, assieme a Veneto, Liguria e Toscana) mostra quanto, di fronte a fenomeni atmosferici intensi, sia necessario realizzare interventi di prevenzione in grado di reggere all’urto o, almeno, di limitare i danni. «I cambiamenti climatici in atto stanno determinando, alle nostre latitudini, un aumento della frequenza degli eventi pluviometrici intensi, – spiega l’Istituto – e come conseguenza un aumento della frequenza delle frane superficiali e delle colate detritiche». La stessa Prociv calabrese sottolinea come nella regione il dissesto idrogeologico sia «diffuso in modo capillare», data la complessa orografia e bacini idrografici di piccole dimensioni, messi quindi a dura prova in caso di precipitazioni intense, e criticità come l’abusivismo edilizio, gli incendi e la scarsa manutenzione di versanti e corsi d’acqua. In Calabria secondo la piattaforma IdroGeo dell’Ispra le alluvioni mettono a rischio circa 250mila abitanti, mentre le frane “incombono” su 64.962 abitanti. Numeri e percentuali sono inversamente proporzionali al livello di rischio. Sul fronte alluvioni, una bassa pericolosità coinvolge una fetta più ampia di popolazione (282.577 abitanti, 14,4%, 110.295 famiglie), quella media si restringe lievemente (250.035, 12,8%, 97.464), quella elevata si attesta a 236.707 persone (12,1%) e 92.184 nuclei familiari. Nell’elenco rientrano le attività produttive e i beni culturali in pericolo: una media sommaria si attesta su circa 15mila imprese e 830 beni culturali che “convivono” con questa spada di Damocle.