Campania, Abruzzo, Puglia, Liguria: non consola la “cattiva compagnia” della Calabria negli ultimi casi di aggressione al personale sanitario, ma rende l’idea di quanto il problema sia diventato un’emergenza nazionale. Lo stillicidio di questi giorni ha riacceso i riflettori su tanti nodi irrisolti, quelli che sempre più spesso portano i sanitari ad abbandonare il settore pubblico a rischio in favore delle strutture private.
Pronto soccorso e reparti come Far West sono ormai all’ordine del giorno. Ne sanno qualcosa a Reggio, dove gli ultimi due casi in poche settimane hanno generato la durissima reazione del commissario straordinario, Gianluigi Scaffidi: «Si sta parlando troppo sulla soluzione del problema - anche con sciocche invenzioni - mentre il legislatore, che dovrebbe agire per dovere istituzionale, tace». Scaffidi è convinto della necessità dell’arresto in flagranza differita per gli aggressori. Il resto rischia di essere “fuffa”, a partire dal “simil-Daspo” che lascerebbe chi aggredisce medici e infermieri senza assistenza sanitaria gratuita del Servizio sanitario per tre anni.
I numeri sono impietosi e confermano un’emergenza nell’emergenza, riproposta dall’ultimo caso in riva allo Stretto: la maggioranza delle aggressioni avviene ai danni del personale femminile. Secondo lo Smi i due terzi delle 16mila aggressioni del 2023 hanno registrato come vittime professioniste donne. Non passa giorno che, da nord a sud, non vengano denunciati casi negli ospedali. E mentre la Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) chiede al Governo «una risposta forte ed esemplare» in assenza della quale i camici bianchi «sono pronti a scendere in piazza e a manifestare», per la Federazione dei medici di famiglia «non è più tollerabile che l’Italia continui a destinare alla sanità una quota del Pil di circa 2 punti in meno rispetto alla media europea». Accuse al Governo Meloni anche dalla senatrice Pd Annamaria Furlan, componente della commissione Sanità: «Non si possono lasciare abbandonati i lavoratori della sanità, né si può continuare con tagli alla medicina territoriale e alla sanità pubblica».
In Calabria il problema è sempre più legato alle lacune della sanità territoriale e agli accessi impropri al pronto soccorso, che generano confusione, disservizi e rabbia nell’utenza. Un esempio: al Gom di Reggio, nella settimana dal 13 al 18 agosto si sono registrate 1.600 prestazioni di pronto soccorso, per una media di 260 accessi al giorno. Di certo numeri incompatibili con un hub che dovrebbe accogliere solo le emergenze-urgenze.
Aggressioni e disservizi, il disastro della sanità in Calabria
Da Reggio a Cosenza “viaggio” nella perenne emergenza tra violenze in corsia e carenze di personale. Dopo 14 anni di commissariamento...
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