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L’epidemia “lingua blu” si diffonde. In Calabria censiti oltre 80 focolai

Il Crotonese è il territorio più colpito, ma l’emergenza si è estesa pure alle altre province. Il virus trasmesso ai ruminanti sta annientando centinaia di ovini L’intera filiera dell’ovicaprino rischia il collasso in queste condizioni

Dalla siccità che li ha lasciati senza foraggio all’epidemia di “lingua blu”, passando per la Tubercolosi bovina che ha bloccato la movimentazione delle mandrie. Un’estate “horribilis” per gli operatori del settore zootecnico crotonese e calabrese, che in queste settimane stanno facendo i conti con il dilagare della febbre catarrale degli ovini. Il virus trasmesso ai ruminanti da un insetto, sta letteralmente decimando i capi di bestiame negli ovili. L’ennesima “piaga biblica” che colpisce uno dei settori chiave dell’economia del territorio: l’allevamento. «La situazione è drammatica», sottolinea Francesco Scarpino presidente regionale dell’Associazione produttori ovicaprini Calabresi (Apocc) e presidente del Consorzio di tutela del pecorino crotonese Dop.

L’area della Dop che comprende 49 comuni (27 della provincia di Crotone, 11 del Cosentino e altri 11 nelle zone del Catanzarese contigue al Crotonese), è una delle più colpite dal dilagare dell’epidemia della “blue tongue” con conseguente crollo della produzione di latte. «Fino a qualche giorno fa – sottolinea Scarpino – i dati ufficiali parlavano di 50 focolai che però adesso superano gli 80». I numeri dei capi infetti e poi uccisi dalla febbre catarrale, si contano ormai a migliaia: «Superano abbondantemente i 5.000», osserva il presidente del Consorzio di tutela del pecorino il quale snocciola le cifre sull’importanza del comparto ovicaprino che solamente nell’area della Dop conta 517 aziende (di cui 80 legate alla filiera certificata).
Una percentuale importante dell’export agricolo calabrese arriva da questo settore, «che adesso è in ginocchio», ripete Scarpino il quale sottolinea la perdita drammatica di reddito per le aziende colpite dall’epidemia. «C’è chi ha perso tutti gli animali a causa della “lingua blu”», rivela il presidente di Apocc che cita il caso di quattro allevamenti di Rocca di Neto che hanno perso complessivamente più di 2000/2500 pecore. Da qui l’SOS lanciato dagli allevatori che l’altra sera si sono riuniti a Steccato di Cutro su iniziativa dello stesso Consorzio e di “Altragricoltura” col coordinatore nazionale di quest’ultima associazione Gianni Fabbris che vuole replicare in Calabria e nel Crotonese quanto già è riuscito a fare in Campania e Sicilia in occasione dell’epidemia di Tbc bovina e brucellosi, (evitando l’abbattimento indiscriminato delle bufale), portando la vertenza “lingua blu” a livello nazionale in modo che gli allevatori danneggiati possano avere da un lato la copertura delle autorità sanitarie con l’avvio di azioni concrete e dall’alto risarcimenti per il mancato reddito.

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