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La grande sete tra caldo, rientro a scuola, sprechi e omissioni: il mistero dell'acqua perduta in Calabria

Mentre la Sorical chiede nuovi sacrifici nel Cosentino, si teme in tutta la regione per la ripresa delle lezioni tra temperature elevate e rubinetti a secco. La Cgia: "dei 527 litri al giorno erogati 257 non giungono a destinazione

Il Sud ha sete, ma non è una novità. Negli acquedotti del Mezzogiorno, in tutti questi anni, sono finiti più soldi che acqua. E il risultato è evidente. Ci sono intere zone ridotte a deserto. In molte case i rubinetti pompano aria e dalle fontane pubbliche getti sempre più stanchi indicano scorte in esaurimento un po’ ovunque. La lunga estate rovente ha finito per aggravare lo storico male di questa terra. L’“oro blu” è diventato una risorsa fantasma, argomento di sogni proibiti in ogni angolo della Calabria. I comuni hanno tagliato le forniture per sopravvivere, ma non è bastato fare economie. Sorical, adesso, chiede nuovi sacrifici.

Ieri, il Comune di Cosenza ha informato la popolazione di nuovi disagi che alimentano la disperazione idrica: «Forniture ridotte a causa di un calo fisiologico del gruppo sorgentizio». Poi, la solita rassicurante liturgia: «La Sorical sin da ieri mattina ha avviato adeguate verifiche lungo tutta la rete. Sarà premura della società garantire alle utenze servite, in funzione alla risorsa idrica disponibile, una fornitura il più possibile vicina ai valori stagionali».

Una crisi che torna a investire la Calabria a tre settimane dalla ripresa delle lezioni. Non sarà facile riportare gli studenti in aule arroventate da temperature troppo alte, con l’impossibilità d’accedere ai servizi igienici. Un tema sul quale era già intervenuto, nei giorni scorsi, il leader del coordinamento nazionale docenti della disciplina dei Diritti Umani, Romano Pesavento, proponendo lo slittamento (in futuro) dell’inizio scolastico al primo ottobre dal momento che negli istituti d’istruzione italiani «dovrebbero essere presenti circa 16mila sistemi di areazione-climatizzazione. Nella quasi totalità dei casi, da quello che ci risulta dalle ripetute segnalazioni, la loro collocazione preferibilmente è situata negli uffici amministrativi e dirigenziali. Eppure il caldo non dà tregua nelle regioni del Sud facendo toccare temperature superiori ai 30 gradi». Proposta che è stata sonoramente bocciata dai rappresentanti delle famiglie.

Certo, con l’afa che non molla, è la sete a far paura in questa regione. Eppure, la Calabria è una terra ricca d’acqua. Ci sono sorgenti, fiumi, torrenti, invasi. Acqua, tanta acqua che sale, scavalca montagne, scende e, infine, corre verso le città. Viaggia in chilometri di condotte, in parte sospese e in parte scavate nelle viscere di una terra feconda, per sgorgare, alla fine del suo lungo viaggio, dai rubinetti delle abitazioni dei calabresi. Ma l’acqua in molte aree della Calabria non è mai stata abbastanza per tutti, pur costando cara ai contribuenti. Canoni d’oro per un servizio quasi sempre in emergenza. Da mesi, la crisi ha trasformato l’acqua da bene pubblico in bene di lusso.

Di recente, l’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha calcolato che, in tutta Italia, ogni 100 litri di acqua immessa nella rete per usi civili ne arrivano nelle abitazioni poco meno di 58. Gli altri 42 (che corrispondono a circa 3,4 miliardi di metri cubi) si perdono lungo la rete idrica che in molte aree del paese è datata e in cattivo stato di salute. Le differenze a livello territoriale sono evidentissime. Secondo rilevazioni del 2022, nel Comune di Potenza non arriva nei rubinetti delle abitazioni il 71 per cento di quanto immesso in rete, a Chieti si tocca il 70,4 per cento, a L’Aquila il 68,9 per cento a Latina il 67,7 per cento e a Cosenza il 66,5 per cento. Como, invece, è la città più virtuosa d’Italia, con appena il 9,2 per cento di dispersione. Per quanto riguarda le regioni, nelle reti calabresi vengono immessi, quotidianamente 527 litri al giorno pro-capite. Ma ben 257 litri non giungono a destinazione e finiscono chissà dove, all’interno di reti colabrodo. I destinatari della risorsa idrica, naturalmente, non sono solo le famiglie, ma anche le piccole imprese, gli alberghi, i servizi, le attività commerciali, produttive, agricole, e industriali collegati direttamente alla rete urbana. Tra i consumatori vanno incluse anche le strutture pubbliche, come, appunto, le scuole, gli uffici e gli ospedali.

Adesso, però, gli acquedotti girano tutti al minimo storico e la gente si dispera perché nelle case l’“oro blu” si vede sempre più raramente. Dalla Cgia avvertono: «In un periodo in cui nel Mezzogiorno non piove dallo scorso inverno e le temperature in questi mesi estivi hanno raggiunto livelli spaventosamente elevati, avere in questa ripartizione geografica una dispersione superiore al 50 per cento dell’acqua potenzialmente utilizzabile è un vero e proprio “delitto”. Va detto che, in linea di massima, la dispersione è riconducibile a più fattori: alle rotture presenti nelle condotte, all’età avanzata degli impianti, ad aspetti amministrativi dovuti a errori di misurazione dei contatori e agli usi non autorizzati (allacci abusivi). Va altresì segnalato che la presenza di fontanili nei centri urbani, soprattutto nelle zone di montagna, può dar luogo a erogazioni considerevoli e di conseguenza a elevate perdite».
Ma al di là dei numeri, delle statistiche, dei grafici e delle tabelle, in questa terra l’acqua non ha mai avuto la forza di sgorgare rigogliosa da tutti i rubinetti dei calabresi. Un mistero. Il mistero dell’acqua.

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